Cetacei da tutelare ed ecosistemi da raccontare, nessun dubbio tra gli esperti: ecco perché l’istituzione del Parco sarà una svolta per l’isola
C’è una storia ancora tutta da scrivere che custodisce il futuro dell’isola e del suo mare, la biodiversità sommersa e il turismo che sarà. È la storia dell’area marina protetta di Capri, un grande sogno diventato un obiettivo concreto, a portata di mano. Lo slancio dei cittadini e delle associazioni ambientaliste, le strategie condivise dalle ultime amministrazioni, la grande lezione della pandemia, che suggerisce una protezione armonica degli ecosistemi: tutto sembra lasciar presagire che l’iter intrapreso negli ultimi mesi, sostenuto in particolare dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, possa finalmente registrare l’accelerazione da più parti auspicata.
E del resto lo straordinario valore aggiunto di ecosistemi straordinariamente in salute, popolati da otto diverse specie di cetacei, induce da tempo alla politica di adottare una scelta che affonda le radici nel lontano 1991 (la legge 394 suggeriva di preservare l’area marina di Capri). Una scelta che altrove ha portato i loro frutti, in termini di tutela della natura e di valorizzazione del territorio, in linea peraltro con la crescita del turismo ambientale che nell’era pre-Covid faceva registrare fatturati nazionali da 50 milioni di euro e una crescita annua di 2 milioni di presenze.
Quanto basta, dunque, per puntare con forza all’obiettivo finale. «Ed è un obiettivo raggiungibile a medio termine», conferma Paola Mazzina (foto), che al Comune di Capri ha un assessorato ad hoc, dedicato proprio all’istituzione dell’area marina protetta. «Il percorso è ancora articolato e risente della ristrutturazione del Ministero dell’Ambiente – aggiunge – ma il processo di zonazione (è l’individuazione del perimetro dell’area marina, propedeutica alla sua istituzione) è avviato, grazie agli studi di Ispra e della Parthenope».
Fondamentale è la condivisione con il territorio, cittadini e cosiddetti stakeholder. «Già ad ottobre abbiamo convocato alcuni degli operatori, la procedura per l’istituzione dell’ente sarà partecipata la comunità accompagnerà il percorso con la consapevolezza che il nostro mare sia una risorsa per tutti, da tutelare il più possibile, e che l’area marina protetta sia l’occasione giusta per il rilancio dell’isola nel post-Covid. Del resto – conclude Mazzina – il turismo di domani dovrà essere in grado di coniugare la fruizione delle coste capresi con l’inderogabile rispetto dell’ambiente».
L’area marina protetta come una risorsa. Annuisce convinto Nino Martino, direttore nazionale di Aigae, l’Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche, e a sua volta già direttore del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. «I parchi e le aree marine, oltre a costituire un’assicurazione per coloro che non sono ancora nati, sono un laboratorio di futuro, di sviluppo sostenibile e duraturo. In diverse ottime esperienze sono un volano di turismo lento e di qualità, non stagionale e impattante: intorno a parchi e aree marine protette si è creato un movimento culturale ed economico dal basso. Quanto a Capri – aggiunge Martino – l’istituzione di un’area marina protetta alimenterebbe un’ulteriore narrazione positiva dell’isola in grado di attrarre flussi aggiuntivi, del tutto sostenibili, alimentando anche un’operazione di rebranding di un territorio già conosciuto in tutto il mondo ma che potrebbe raccontarsi anche attraverso prospettive differenti, e penso agli ecosistemi sommersi, alle immersioni subacquee e al whale watching».
Whale watching, già: capodogli, tursiopi, stenelle e balenottere sono di casa nei mari del golfo di Napoli, Capri compresa. «Le acque a ovest di Capri fanno già parte di quella che la comunità scientifica internazionale ha definito una Important Marine Mammal Area (IMMA) per il capodoglio», spiega la cetologa Barbara Mussi, presidente di Oceanomare Delphis, una onlus che monitora i cetacei nel Tirreno, con base a Casamicciola, sull’isola d’Ischia. «L’area marina di Capri – aggiunge – costituirebbe un prolungamento pelagico dell’AMP di Punta Campanella, e dal punto di vista dei cetacei – auspicando una perimetrazione generosa – potrebbe offrire tutela a specie importanti come balenottera comune, capodoglio e grampo. Inoltre, come per il Regno di Nettuno, anche Capri potrebbe avere una zona di tutela speciale espressamente pensata per i cetacei».
Dalla dirimpettaia Punta Campanella, l’area marina protetta, al vicino Regno di Nettuno, che abbraccia Ischia e Procida: ha il polso della situazione Antonino Miccio, passato dalla direzione della prima alla direzione dell’altro. «La scelta della conservazione, in questo momento storico, è una scelta strategica per il futuro dell’economia e della qualità della vita dei nostri luoghi – spiega -. Il golfo di Napoli e le sue isole sono un unicum dal punto di vista geologico, ambientale e culturale. Il mare, poi, è caratterizzato da habitat diversi e straordinari che necessitano di adeguata protezione: con Capri, avremmo un sistema di aree marine che abbraccerebbe l’intero golfo, favorendo un turismo di qualità attento alla cultura e all’ambiente». Una scelta conveniente, una scelta necessaria.
Pasquale Raicaldo