Situata nel giardino della casa-museo di Axel Munthe, la sua origine resta ancora un mistero (che porta fortuna)
Cosa ci fa una sfinge egizia a Villa San Michele? È uno dei numerosi reperti che costituiscono la vasta collezione di Axel Munthe, conservata nella sua casa, oggi polo museale e sede del consolato svedese. Situata in una posizione strategica, poco distante dal centro del comune di sopra, con un panorama a 360° gradi su tutto il golfo di Napoli, la dimora del medico amico della regina Vittoria è un luogo tutto da scoprire.
La statua che guarda verso Oriente
«Tutto quello che avvenne è troppo strano e fantastico per essere tradotto in parole scritte, e poi non mi credereste se tentassi di farlo. Non so bene io stesso dove il sogno finisse e dove avesse principio la realtà. Interrogate la grande sfinge di granito, che sta accovacciata sul parapetto della cappella di San Michele. Ma domanderete invano. La sfinge ha mantenuto il suo segreto per 5000 anni. La sfinge manterrà il mio». Sono queste le parole scelte da Axel Munthe – raccolte nel suo lavoro autobiografico La storia di San Michele – per descrivere il rinvenimento della sfinge egizia che fa bella mostra di sé nel giardino della sua dimora anacaprese. Si narra, infatti, che questa statua di granito risalga ai tempi del faraone Ramsete II e che lo studioso svedese l’abbia rinvenuta in campagna, dopo un sogno premonitore. Inizialmente al suo posto, a guardia del mare, vi era collocata una sfinge etrusca, che poi fu spostata nei pressi dell’ingresso della cappella, lasciando spazio all’esemplare egizio. Non è, dunque, chiaro come Munthe venne in possesso della statua ma è probabile che la scelta di farla diventare il simbolo della villa derivi dai versi di Jean Paul, il poeta tedesco che paragonò l’isola azzurra proprio ad una sfinge. E non solo. Leggenda vuole che quella che troneggia a Villa San Michele porti fortuna: i visitatori sono soliti posare una mano sulla statua e poi esprimere un desiderio guardando l’orizzonte. Pare che funzioni, provare per credere!
La dimora della luce
«Voglio che la mia casa sia aperta al sole, al vento e alla voce del mare, come un tempio greco, e luce, luce, luce ovunque!», così scriveva Axel Munthe della sua dimora ciammurra, nata sulle rovine di una cappella risalente al X secolo e dedicata a San Michele. Il medico svedese si innamorò di quel lembo di terra con vista sul golfo e diede subito ordine di cominciare il restauro: fu proprio durante quegli interventi che vennero fuori i resti di un’antica villa romana, che divenne, poi, il leit motiv ornamentale della magione dove è conservata un’ampia collezione di reperti archeologici.
Il libro
La vita, le scoperte, il lavoro e il legame con Capri e con la Svezia sono raccontati da Axel Munthe nella sua autobiografia: La storia di San Michele, una delle opere più lette di tutto il Novecento. Nella sua parentesi caprese, il medico soggiornò anche a Torre Materita, lasciando – a causa di una malattia agli occhi – la sua Villa San Michele all’eccentrica marchesa Luisa Casati. Nel 1949, Munthe muore e lascia la sua dimora in eredità allo stato svedese. Oggi Villa San Michele è uno dei musei più gettonati dai turisti che scelgono l’isola di Capri come meta delle vacanze.
Augusto Cattaneo
Credits: Costantino Esposito