Axel Munthe

Axel Munthe, il precursore dell’Europa moderna

Si innamorò dell’isola nel suo primo viaggio, a 18 anni, quando vi arrivò nel 1875. Quando vi tornò, idealmente non la lasciò mai piú 

Axel Munthe era un brillante medico esperto in ginecologia e ostetricia, pur avendo la predilezione per la neurologia, le malattie nervose e la psichiatra in anni in cui la psicoanalisi stava nascendo. Frequentava i salotti e i circoli di mezza Europa, era amico – forse anche qualcosa di più – della Regina Vittoria di Svezia, ma anche dei più deboli; era un poliglotta, un viaggiatore, uno scrittore e un intellettuale, un animalista e un antivivisezionista ante litteram; Axel Munthe fu il precursore di un Europa della quale oggi riconosciamo i migliori connotati.

Si innamorò dell’isola di Capri fin dal suo primo viaggio quando vi arrivò nel 1875 all’età di 18 anni come tappa di un viaggio in giro per l’Europa fatto grazie ai suoi genitori benestanti. Vi tornò anni dopo e decise di trasformare un’antica cappella diroccata ad Anacapri che divenne la sua casa, in una bellissima residenza, Villa San Michele, oggi straordinario museo aperto al pubblico di proprietà dello Stato svedese.

«La mia casa deve essere aperta al sole e al vento e alle voci del mare – come un tempio greco – e luce, luce, luce ovunque! », scriveva nel suo più famoso libro, Storia di Villa San Michele, un’autobiografia romanzata nella quale realtà e fantasia si intrecciano e si confondono.

Per costruirla, per realizzare il suo sogno, si improvvisò architetto; disegna il suo progetto sul muro della cappella di San Michele e, aiutato da Nicola, un muratore locale, e dai suoi tre figli, realizza un gioiello dove reperti antichi, materiali tipici locali, aperture sul mare e sulla natura sembrano essere sempre stati lì. La realizzazione della villa non fu semplice; i soldi finivano e Munthe si recava ogni volta a Roma, dove esercitava la sua professione di medico. La sua competenza e il suo charme gli permisero di avere fra i suoi clienti personaggi celebri e facoltosi. Aveva studio a Trastevere e soggiornava al 26 della Scalinata di Trinità de’ Monti (oggi sede del memoriale a Keats e Shelley), dove ogni giorno, attorno alla Barcaccia o sui gradini della scalinata, si radunavano “i ciociari”, giovani e meno giovani, donne e uomini, arrivati dalle campagne romane per guadagnare qualcosa, venditori di fiori e di fiammiferi, persone umili di cui Munthe seguiva e curava le infermità e seguiva le sorti, senza farsi pagare, immaginandone l’indigenza. Lo scrittore ne parla con amore e simpatia nelle pagine del suo romanzo, raccontando episodi toccanti e realistici.

Si muove fra Roma, Capri e Parigi dove oltre a curare la sua ricca clientela di signore parigine esercita la professione di psichiatra all’ospedale Salpêtrière, diretto dal suo maestro Jean-Pierre Charcot. Ha idee rivoluzionarie per quegli anni: una psichiatria che punta alla soluzione si scontra con una realtà in cui il disturbo mentale, che può essere curato, viene trattato con il manicomio. Si scontra con Charcot e viene estromesso dall’ospedale.

Tra il lavoro romano e quello parigino Munthe riesce a mettere da parte il denaro sufficiente per tornare a Capri e terminare la sua dimora, dopo essere diventato medico personale e amico di quella che sarebbe diventata regina di Svezia, Vittoria, la cui cagionevole salute è aggravata dal clima rigido della sua terra.

Non sono solo le capitali europee ad attirare Munthe che è a Napoli nel 1884 durante l’epidemia di colera, al fianco dei malati delle zone più povere della città. Nel 1908 sarà a Messina per il terribile terremoto che distrusse la città, portando il suo aiuto alla popolazione martoriata.

Villa San Michele è terminata, ma Munthe ha ancora molto da compiere sull’isola; la sua casa è piena di cani, di gatti, un gufo e Billy, un babbuino; il suo grande amore per la natura e per le creature lo induce ad acquistare, grazie anche all’aiuto economico di altri appassionati naturalisti e della stessa regina Vittoria, tutto il promontorio, il Monte Barbarossa, ancor oggi riserva naturale, dove gli uccelli migratori, arrivati stanchi dal loro lungo viaggio, si fermano a riposare e sono così facile preda di cacciatori e bracconieri. Per tutta la vita Munthe intraprese battaglie contro gli esperimenti sugli animali, le trappole, la caccia, le violenze e le crudeltà: fu un antesignano nella lotta alla vivisezione.

È il 1910 quando Vittoria, ormai diventata regina di Svezia, decide di curare la sua fragile salute trasferendosi a Capri, all’Hotel Eden Paradiso e tornando in patria solo per gli eventi ufficiali ed essere presente al fianco del marito Gustavo V.

Passano le loro giornate fra passeggiate alla scoperta delle bellezze naturali dell’isola e incontri e discussioni con amici, pittori, scrittori, musicisti, teste coronate, nobili e politici. Durante le loro camminate nei sentieri dell’isola l’attenzione di Munthe è attirata da una casa colonica, Villa Caprile, poco distante da Villa San Michele. La acquista, la ristruttura mantenendone l’impostazione originale. Il suo rapporto stretto con la regina di Svezia dà adito a non pochi pettegolezzi e Vittoria diventa una presenza costante e familiare ai capresi.

Il fascino di Munthe fa sì che sia circondato di donne e fra il 1919 e il 1920 passa un lungo periodo in compagnia della marchesa Luisa Casati Stampa, moglie del conte Camillo Casati Stampa di Soncino. L’appassionata collezionista d’arte vive a Venezia a palazzo Venier dei Leoni, oggi sede del museo Guggenheim, è un personaggio bizzarro, dalla vita sregolata. Di notte cammina nuda per le calli e i campi di Venezia, avvolta in un mantello, seguita da un servitore che con una torcia la illumina per permettere ai passanti di godere della sua bellezza. Gabriele D’Annunzio fu a lungo un suo amante, insieme a una costellazione di altri uomini più o meno famosi. Ma con Axel ha un rapporto tempestoso. Il medico svedese abita in quegli anni a Torre Materita, una villa medioevale fra Punta Carena e Anacapri a causa della sua malattia agli occhi, che lo porterà alla quasi totale cecità: non riesce più a sopportare l’intensa luce di Villa San Michele. Luisa Casati soggiorna invece a San Michele dove, con grande disappunto di Axel Munthe, fa costruire e installare un marchingegno che si muove autonomamente creando una piacevole brezza, una sorta di condizionatore.

Munthe è stanco, la vista quasi azzerata lo fa scivolare in una profonda depressione; torna in Svezia dove un’operazione agli occhi gli restituisce una parziale visione che gli consente, negli ultimi anni della sua vita di scrivere, su suggerimento di un amico che lo vede malinconico e apatico, La storia di San Michele, pubblicato nel 1929, tradotto in 45 lingue e venduto in milioni di copie. 

Lui, che aveva vissuto di luce, natura e mare, tra i suoi animali si spegne nel buio inverno svedese, a 91 anni a Stoccolma nel 1949. A Capri ha lasciato un’eredità immensa fatta di cultura, memorie e storia, non solo l’eremo della luce del medico venuto dal freddo.

Anna Maria Turra

Credits foto: Fondazione Axel Munthe – Villa San Michele.

Axel Munthe Villa San Michele
Axel Munthe Villa San Michele
Axel Munthe Villa San Michele
Axel Munthe Villa San Michele
Axel Munthe Villa San Michele