Fondò a Vienna una prima comune di chi condivideva i suoi ideali, ma fu sull’isola che trovò il luogo ideale per realizzare in libertà il suo stile di vita
L’isola di Capri non smise mai di esercitare il suo fascino sugli artisti e nel 1899 sbarcò sulle sue coste il pittore utopista tedesco, esponente del tardo romanticismo, Karl Wilhelm Diefenbach, un personaggio eccentrico e insofferente alle regole. Con il saio monacale, circondato dai figli Helios, Lucidos, Stella. È l’avventura dell’artista naturista e steineriano che fuggì l’egoismo d’Europa riparando nell’isola del Golfo di Napoli, diventata simbolo della sua utopia in tele considerate “eccessive”. Diefenbach professava l’importanza di condurre una vita a contatto con la natura; aveva ideali pacifisti, rifiutava la monogamia e predicava “pace e fratellanza universale e un ritorno a una vita semplice”, esattamente il contrario dei nuovi caposaldi su cui stava sorgendo la neonata società industriale e borghese. A Vienna aveva già fondato la sua prima comune di persone che condividevano i suoi ideali, ma fu a Capri che trovò il luogo perfetto per realizzare il suo stile di vita.
Agli inizi del Novecento, l’isola divenne il piccolo palcoscenico delle più diverse correnti di pensiero che incendiavano l’Europa: mentre sulla costa, a Marina Piccola, lo scrittore russo Maksim Gorki, ospitava nella sua villa Lenin e lavorava alla Scuola di Capri per formare giovani rivoluzionari; nell’entroterra il pittore tedesco e i suoi seguaci praticavano nudismo e vegetarianismo e propugnavano teorie teosofiche. Alla storia di Diefenbach, della sua comune e alla contemporanea presenza dei socialisti russi sull’isola è ispirato il film del 2018 firmato dal regista partenopeo Mario Martone, Capri-Revolution. Diefenbach morì a Capri nel 1913. Solo quattro anni dopo, l’isola vide arrivare altri protagonisti del nuovo secolo, i futuristi. Ispirati dalla sua atmosfera, la assorbono e la rievocano nelle loro opere.
Le opere al Museo della Certosa di San Giacomo, Capri
Dal 1974, a Capri è stato dedicato un museo alle sue opere, ospitato nella Certosa di San Giacomo. Diefenbach morì a Capri nel 1913, prima che iniziasse la mattanza della Grande guerra. Eppure, nessun artista fu più estraneo alla politica e alla guerra. Anzi: la sua vita fu un rifiuto dei conflitti nazionali e sociali che segnarono l’Ottocento. Si rimane sgomenti e rapiti davanti alle tinte fosche dei quadri, che spaziano da vedute dell’isola di cui l’artista era innamorato, ad altri dipinti dai simbolismi più arditi. La sua pittura non eccelle per qualità di disegno o misura di forme, non si distingue per finezza dei detttagli o esuberanza cromatica, eppure queste tele così singolari, magmatiche, magnetiche sollecitano rimandi, sollevano interrogativi, insinuano ombre nell’animo di chi butta l’occhio su di esse. Gli eredi le donarono al Museo della Certosa di San Giacomo, Capri, e dal 1975 esse sono parte di questo ambiente conventuale non estraneo alla sensibilità dell’artista.
Le tele enormi, bituminose, rese tali da particolari miscugli di essenze naturali mescolate ai colori, sono il carattere distintivo della sua opera. Seguendo con l’aiuto del libro di Silvana Todisco K.W. Diefenbach. Omnia vincit ars (Electa Napoli, 1988), la sua biografia costellata di successi, ma anche di gesti clamorosi che lo condussero persino in carcere e lo videro al centro di violente campagne di stampa contro lo scandalo costituito dal suo modo di vivere, dalla sua teosofia e dal suo nudismo, si capisce come fosse per lui naturale il bisogno di condurre una vita da vagabondo.
Ma a Capri Diefenbach pose la sede della sua ultima dimora e una lapide, semplice, lo ricorda nel cimitero dell’isola. Nelle foto che si conoscono il pittore veste sempre il saio di monaco laico e panteista, circondato dai figli o in compagnia del suo allievo Fidus: tutti nomi dalle evidenti implicazioni simboliche. E in effetti il simbolismo è parte integrante di un universo stralunato in cui si rinvengono tracce di Caspar David Friederich.
Alcune tele offrono segni che meritano d’essere evidenziati. Invocazione presenta una scena notturna con mare e cielo, e sulla sinistra un portico bagnato da una luce lunare: qui il rovinismo spettrale e inquietante di Diefenbach assume altre sembianze: il mare diviene rovina, il cielo tempesta. Nel Castello di Miramare una luce albale ritaglia il profilo del maniero che si erge sulla costa triestina: una luce fredda, da stelle del nord, con verdi cupi. Il viaggio all’interno del mondo di Diefenbach è complesso e affascinante e sicuramente il pezzo forte della visita al suo museo si raggiunge al cospetto dell’imponente tela intitolata Tu non devi uccidere, una potentissima immagine di un cacciatore nell’atto di sferrare il colpo mortale ad un cervo che viene fermato e redento dall’imponente apparizione dello spirito della montagna. Un’opera, questa, che sintetizza in maniera molto efficace il Diefenbach-pensiero: è da notare il particolare che sia lo Spirito della montagna sia il cacciatore hanno proprio le sembianze del pittore.
Sibilla Panfili