Impossibile pensare alla Capri di fine anni Sessanta, alla moda e a tutto quello che avveniva sull’isola, senza pensare al marchese Pucci
Emilio Pucci, primo uomo nella moda a utilizzare la propria firma come logo, fu l’aristocratico fiorentino che trasformò l’isola nella capitale di uno stile iconico tra il jet set internazionale.
Nato a Napoli, da una nobile famiglia fiorentina alla fine del 1914, Emilio Pucci non fu un enfant prodige della moda, vi approdò solo negli anni Quaranta, dopo essere stato campione olimpionico di sci, aviatore durante la Seconda Guerra Mondiale e dopo aver frequentato un master in scienze sociali al Redd College in Oregon, per la cui squadra di sci disegnò, a metà degli anni Trenta, l’uniforme.
I Capri pants e un nuovo concetto di pret-a-porter
Fu un capo da montagna, un completo da sci innovativo, aerodinamico con pantaloni affusolati e un parka con cappuccio, fotografato sulle Alpi svizzere da Toni Frisell e pubblicato da Harper’s Bazaar a lanciarlo nel mondo della moda. Era il 1947 e il successo fu inaspettato e immediato. Aprì una boutique a Capri dedicata a un abbigliamento per le vacanze che univa semplicità e bellezza – coloratissimi e aderentissimi pantaloni Capri, camicie in twill di seta e top in jersey a righe – in perfetta armonia con il fascino naturale dell’isola, con i suoi colori luminosi e sgargianti. Il nuovo concetto di prêt-à-porter firmato riscosse un enorme successo fra la sofisticata clientela dell’isola, entusiasta di avere finalmente accesso a una moda chic e allo stesso tempo confortevole e casuale. I suoi capi diventarono irrinunciabili non solo per chi pensava «che un’estate senza Capri non fosse un’estate», ma per l’universo internazionale di star che veniva osservato, fotografato e copiato da tutto il mondo. I suoi modelli furono indossati dalle icone femminili di allora e di oggi, da Marilyn Monroe a Sophia Loren, Jackie Kennedy e Gloria Guiness, da Madonna a Nicole Kidman.
Disegni astratti, grafici, caleidoscopici
Poi furono i tessuti con i suoi disegni, ispirati ai paesaggi del Mediterraneo; disegni astratti o grafici, con onde o fiori stilizzati, dai colori forti e caleidoscopici andavano ad arricchire le linee semplici, ma sempre femminili, sensuali e desiderabili di abiti, pantaloni top, camicie. Le sue collezioni, che con il tempo divennero a tutto tondo, dettarono legge dagli abiti all’intimo, borse, foulard, profumi, tappeti… con qualcosa che per quegli anni era impensabile: per la prima volta una fascia allargata di consumatori poteva avere abiti, accessori e oggetti di design.
Negli stessi anni il Marchese fu incoronato “the Prince of Prints” dai giornalisti di moda della scena internazionale che, conquistati dai suoi disegni audaci e innovativi, subirono a loro volta il fascino di un approccio radicale, mai rintracciato prima nel mondo della moda. Ogni stampa era firmata con il nome dello stilista “Emilio”, una minuscola scritta a mano. Per la prima volta il nome di uno stilista veniva utilizzato come logo.
La rivoluzione dei nuovi tessuti stretch
Non dimenticherà mai Firenze dove stabilì il suo quartier generale, Emilio Pucci, Palazzo Pucci, via de’ Pucci 6: fiumi di tessuti e stile a una sola firma. Dando alla maison l’impronta aristocratica delle sue origini, grazie a una stretta collaborazione con industrie tessili specializzate italiane, rivoluzionò il settore dell’abbigliamento, sperimentando per la prima volta la potenzialità e la libertà di movimento dei tessuti stretch. Abbandonando i modelli rigidi e pesanti degli anni Cinquanta, sviluppò e brevettò tessuti nuovi, diversi, come il jersey di seta stretch e il jersey di cotone che diedero vita a modelli sfoderati, leggeri e a prova di grinze. Disegnò tra l’altro lo stemma della tuta degli astronauti della Nasa per la missione Apollo 15, le divise di piloti e hostess della Braniff International Airways, le classiche divise dei vigili urbani italiani di quegli anni con i caschi ovali e i guantoni bianchi sul vestito blu.
La maison dopo la scomparsa del suo dinamico, geniale e indimenticabile fondatore, nel 1992 passò alla figlia Laudomia, l’image director che a tutt’oggi si occupa del marchio con uno sguardo innovativo e attuale. Nel 2000 il 67% dell’azienda è stato acquisito dal gruppo francese LVMH, riconosciuto a livello internazionale e distribuito in tutto il mondo.
Capri conserva tracce di Emilio Pucci e della nascita di un suo carisma che testimonia, tra osservatori e buyer, che esserci ha significato assistere alla nascita della storia dell’industria fashion in Italia e, nella collezione Primavera-Estate del 2020, i capi o gli accessori rappresentano, nelle diverse varianti di colori, la stampa “Piazzetta di Capri”.
Anna Maria Turra
Credit: Fondazione Emilio Pucci