Il pittore francese Édouard Alexandre Sain passò alla storia per aver raffigurato gli isolani: i suoi dipinti alla Casa Rossa
«Salve cittadino del paese dell’ozio», l’iscrizione in greco sull’uscio della Casa Rossa saluta chi, passeggiando su via Giuseppe Orlandi ad Anacapri, si ferma a ammirare ogni particolare dell’edificio tinto di rosso pompeiano le cui mura nascondono anni, decenni, secoli di storia. Si racconta che il colonnello americano MacKowen voleva fare della sua dimora un museo e per questo, con reperti rinvenuti sull’isola e altrove, abbellì ogni angolo della sua casa. Oggi, la Casa Rossa è a tutti gli effetti un museo nel quale sono custodite molte opere, tutte legate a momenti di vita locale e tradizioni disperse.
L’arrivo degli stranieri
Intorno al 1860 la navigazione a vapore diede un forte impulso ai viaggiatori, molti dei quali erano soprattutto tedeschi e francesi. Man mano che la bellezza di Capri veniva raccontata, sempre più persone sbarcavano per poter ammirare con i loro occhi e far riposare le loro menti che tanto avevano immaginato quei luoghi idilliaci. Pittori come Henner e molti altri giunti sull’isola di Capri dipinsero quei paesaggi, gli stessi che venivano poi ammirati da dame e cavalieri nelle mostre in giro per l’Europa. Alla fine dello stesso secolo MacKowen fece costruire, accanto alla torre aragonese quattrocentesca, la sua Casa Rossa che oggi ospita più di trenta dipinti realizzati tra l’Ottocento e il Novecento a Capri.
Le peintre des Capriotes
Édouard Sain fu soprannominato al Salon de Paris nel Museo del Louvre come il «pittore dei Caprioti», ovvero degli abitanti di Capri, dove visse per dieci anni, durante i quali illustrò numerosi scorci e volti dell’isola e prese in moglie Chiarella Scoppa, sua musa e modella nata e cresciuta nel quartiere delle Boffe. Della parentesi anacaprese di Sain restano alcuni dipinti. Una tela è conservata nella sagrestia della Chiesa di Santa Sofia e raffigura il parroco Don Antonio Farace. Nella pinacoteca della Casa Rossa di Sain restano in mostra due tele: la «Ristoratrice» e lo «Sposalizio Anacaprese», che ritrae una sposa con fiori bianchi sul capo – che indicano la purezza – baciare le mani alla madre, mentre lo sposo paziente aspetta sulla porta. Ogni anno il pittore francese portava al Salon de Paris rappresentazioni della vita, dei costumi, delle tradizioni, dei volti dai tratti ellenistici tipici della quotidianità isolana in quei tempi. La raccolta delle arance – altro famoso dipinto di Sain – vede donne e bambine che con ceste intrecciate sul capo lavorano su una terrazza a Capri.
La Grotta Azzurra
Nel suo libro «Souvenirs d’Italie: impressioni di un viaggio» il pittore Sain racconta della sua prima volta sull’isola soffermandosi in particolare sul momento in cui entrò nella Grotta Azzurra. Da quando nel 1826 il pittore e poeta Augusto Kopisch la esplorò, la grotta di Gradola, divenne per tutto il mondo la Grotta Azzurra.
I racconti ammalianti dei viaggiatori, di volta in volta rinnovati, hanno portato la bellezza di Capri ovunque, ma per certi versi l’isola resta ancora com’era allora. Lo «spettacolo incantevole» – così come lo descrive Sain – è tale per chiunque possa ammirarlo e si arricchisce di più ascoltando le parole ed i canti dei barcaioli che raccontano del ritrovamento delle statue del ninfeo di Tiberio oggi esposte nella stessa Casa Rossa. Ma questa è un’altra storia…
Emanuela De Martino