Curzio Malaparte scelse l’isola di Capri per farvi costruire Punta Masullo, la straordinaria dimora firmata da Adalberto Libera
A Capri Curzio Malaparte è un’entità naturale e soprannaturale per aver costruito a picco sul mare la sua villa di Punta Masullo. Una specie di tempio pagano, una splendida realizzazione dell’architetto Adalberto Libera la cui tecnica si aggiunge all’estro del proprietario che fu, nell’Italia dei primi del Novecento, una tra le figure di spicco di Neorealismo e Espressionismo. A sorprendere è la forma di questa dimora: un parallelepipedo che segue l’andamento del promontorio e, integrandosi in maniera sconcertante con l’ambiente, si pone nell’Olimpo dell’architettura moderna.
Malaparte vs Bonaparte
Come possiamo identificare l’uomo che, giocando sul cognome di Napoleone, sceglie Malaparte come suo nome d’arte? Agente segreto, romanziere, agnostico, anticlericale, interventista o, ancora, poeta? Definito da sé e dagli altri in tutti questi modi, tuttavia qualcosa di lui ancora oggi sfugge a ogni classificazione. Chi è Curt Erich Suckert, classe 1898, autore di Maledetti Toscani e di altri romanzi come Kaputt e La pelle? Queste opere, a sfondo autobiografico basate sulla sua esperienza di giornalista e di ufficiale durante la seconda guerra mondiale, sono solo una parte della vita dell’intellettuale; Curzio Malaparte accosta Adalberto Libera, l’architetto del Palazzo dei Congressi all’EUR a Roma, uno dei pionieri del razionalismo italiano, conosciuto per le sue idee futuriste. A lui spiega se stesso, la sua idea di essere un “arci italiano” e a lui chiede di costruire un’abitazione. Come se proprio l’architettura fosse in grado di tradurre lo stile crudo e efficace del suo essere arrembante.
I fatti, reali e immaginati, nel giornalismo e nella letteratura di Malaparte, servono per denunciare le atrocità della Seconda guerra mondiale in un’altalena di suoi posizionamenti a picco sulla scena politica. Sostenne il fascismo ma poi lo osteggiò, confinato da Balbo e liberato da Ciano, protetto da Togliatti e insieme condannato da Gramsci, eppure quella di Malaparte non si può certo definire una vita di indecisioni. Frequentò lo stesso liceo classico, il Cicognini di Prato, che fu la scuola di Gabriele D’Annunzio. Il giovane Suckert, padre tedesco e madre italiana, aveva criticato duramente la retorica dannunziana. Li separavano 35 anni, e produzioni artistiche e letterarie diametralmente distanti, fisico e atteggiamenti mentali opposti. Se Malaparte era alto e prestante e vestiva con ricercatezza, D’Annunzio era uno scricciolo sottodimensionato; e ancora se il Vate poteva contare una schiera di donne amate e raccontate, del Curzio amatore si riconosce più l’attitudine ad amare se stesso.
Punta Masullo
Malaparte sa di essere un uomo duro, controverso e ubiquo, ed è con i suoi stessi requisiti che immagina casa sua. Sarà in questi termini che la chiede all’architetto Libera: ne nasce l’icona in simbiosi con Capri, scolpita nella sua leggendaria bellezza. La villa è un meraviglioso esempio di integrazione tra modernità razionalista e ambiente naturale; il fascino di un progetto, che realizza un capolavoro del Novecento, sembra trascendere la sua stessa natura. Un’enormità di suggestioni che riporta certamente al profilo di Curzio Malaparte. Con le sue pareti in rosso pompeiano si staglia lungo il percorso del Pizzolungo e gode di una vista da sogno: a sud est è rivolta in direzione della Penisola Sorrentina mentre a sud guarda verso i Faraglioni di Capri e lo scoglio del Monacone. Luogo di meditazione e di esibizione, aperta e allo stesso tempo misteriosa, Casa come me appare come un relitto gettato sulle rocce e parte del paesaggio. La sua terrazza, la vela come un ricciolo bianco, le quattro aperture che, incorniciate come quadri, mostrano il mare, non possono essere definite solo finestre. Così come il caminetto: incendiaria trasparenza a picco su di uno scorcio costantemente acceso da albe e tramonti. Gli interni, così come l’arredamento, curati da Savinio, talentuoso fratello di de Chirico, dimostrano come fosse snodo di scambi culturali.
Quando l’architetto Adalberto Libera decide di proporre un progetto in linea con la tipica architettura caprese, non immagina che questo non potrà bastare all’ego del Malaparte visionario che, infatti, sovrappone le sue invenzioni formali ai primi schizzi del 1938. La collaborazione tra i due si interrompe e la costruzione della casa viene condotta con la supervisione di un architetto come Uberto Bonetti famoso per le sue “aero viste futuriste”. La modestia della parcella presentata da Bonetti, riferita al puro lavoro tecnico-esecutivo, così come l’acquisizione di alcuni documenti, farebbe pensare che Libera avesse presentato, prima della rottura con Malaparte, un progetto diverso e mai realizzato. Ma nell’ipotesi del tutto indimostrata la residenza continua a sopravvivere dentro la sua isola, e a informare del suo fasto mai interamente svelato.
Un insediamento nel reale diventato una dimora in cui trasformarsi, rifugio e palcoscenico, il luogo simbolo in cui Malaparte si sottrae all’idea o a quel destino di essere una cosa solamente.
Anna Maria Turra
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