Fārūq I

Il Re d’Egitto a Capri

Il sovrano Fārūq I fu costretto all’esilio insieme alla famiglia dirigendosi verso l’Italia. Dopo l’attracco a Marina Grande, scelse l’Eden Paradise Hotel

Il 23 luglio 1952 fu una data spartiacque per l’Egitto. Un passaggio epocale che avrebbe cambiato non solo i connotati di un paese, ma di intere nazioni. Il processo di decolonizzazione era già in atto nel secondo Dopoguerra, e nel regno un tempo dei faraoni era arrivato con un colpo di stato in piena regola. L’intento all’inizio del gruppo militare Liberi Ufficiali era strettamente simbolico, come è del resto uno dei tratti che contraddistinguono una rivoluzione. Deporre l’ordine costituito era nel caso specifico porre fine al governo de re Faruq I, visto come una pedina della scacchiera imperialista britannica. Ma ad aggiungere ancora più carne a fuoco fu quella grave sconfitta durante la guerra arabo-israeliana nel 1948, che portò ulteriore scontento verso le politiche adottate dal sovrano. E da qui si arriva alla goccia, quella che fece traboccare l’intero vaso scatenando un’onda senza fine: i tumulti tra le forze inglesi e la polizia locale. L’incidente provocò notevoli disordini in tutto il Paese, alimentando quella sfiducia verso le istituzioni accolta in quell’occasione dall’esercito egiziano. 

Il colpo di stato e l’esilio

Gamal Abd el-Nasser utilizzò questo pretesto per colpire, occupando le sedi politiche e i centri di maggiore interesse come le stazioni radiofoniche. In poco tempo la situazione degenerò nonostante la diplomazia del re Fārūq I cercasse di trovare un compromesso come la nomina dei ministri affini al pensiero politico dell’opposizione. Ma quel colpo di stato fu deleterio per il sovrano d’Egitto che dovette scegliere la via dell’esilio dopo aver abdicato il 26 luglio. Un sabato che pose fine (anche se solo ufficiosamente) alla monarchia sebbene il trono fosse ancora nelle mani del piccolo Fuʾād II. Di fatto, però, era il generale Muḥammad Naǧīb a tenere le redini del paese che nel 1953 diventerà una Repubblica a tutti gli effetti. 

L’arrivo a Capri

Il re era nel frattempo approdato sull’isola di Capri. Una terra che già aveva avuto il piacere di ospitarlo durante il viaggio di nozze insieme alla moglie Nema Narriman Sadiq, avvenuto l’anno precedente. Il New York Times riportò in maniera dettagliata gli attimi che avevano preceduto il suo arrivo. I piani iniziali erano già stati stabiliti da tempo con il sovrano che sarebbe dovuto partire per gli Stati Uniti, come dimostrava la presenza di solo 26 bauli. Una piccola parte rispetto ai 204 portati con sé a seguito dell’esilio, e diretti a New York. Fārūq I  era insieme alla moglie e al figlio che deteneva il trono, e con loro c’erano anche le sue figlie avute in un precedente matrimonio. 

Dallo yacht El-Mahrūsa si erano diretti a Marina Grande, il tutto sotto lo stretto controllo della autorità italiane. A tutte le persone fu impedito di avvicinarsi al re, sebbene al giornalista, Arnaldo Cortesi, non fosse sfuggito nulla di quella giornata. Alcuni funzionari vicini al monarca riferivano del suo buonumore non appena sbarcato. Non c’è da stupirsi visto lo splendore caprese, ma ad aggiungere quel tocco di brio fu un episodio particolare riportato dal Times: diversi ufficiali cominciarono a piangere «mentre Farouk stringeva la mano e salutava l’equipaggio. E gridarono: “Viva Farouk, Re d’Egitto e Sudan”». 

Questa sosta comprendeva anche alcuni giorni a Napoli, ma l’assenza di alberghi pieni di turisti costrinsero gli organizzatori a virare verso Capri, grazie all’aiuto di Pier Busseti, amico stretto del re. L’uomo alla fine riuscì a trovare alcune stanze dell’Eden Paradise Hotel ad Anacapri, mantenendo la riservatezza e gli onori offerti ai capi di stato come da protocollo. «Con i migliori saluti dell’allora Presidente Luigi Einaudi e il Primo Ministro De Gasperi».

Riccardo Lo Re