Per gli amanti dell’isola, Capri è un vero gioiello: surreale, metaforico, simbolico, sovrabbondante e poi di colpo ironico. Scritto nel 1926 e pubblicato nel 1988
Alberto Savinio, il pittore e scrittore fratello di De Chirico, è l’autore di Capri, testo del 1926. Alcune parti erano apparse fra il ’33 e il ’34 sulla Nazione di Firenze; ma, tutta intera, questa preziosa e stravagante guida turistica emerge soltanto negli anni Ottanta dalle carte dello scrittore. Per gli amanti dell’isola azzurra, l’opera è un vero gioiello.
“Ma siamo noi veramente che andiamo incontro all’isola, oppure è l’isola che, rotte le sue ancore di granito, muove incontro a noi?” Questo scrive in Capri, lavoro a lungo rimasto inedito, opera in cui Alberto Savinio trasmette una sorta di curiosità gaudente riuscendo, all’isola misteriosa, ad associare il senso della scoperta. In realtà l’artista si chiamava Andrea ma scelse di cambiare nome dopo la sua permanenza a Parigi nei primi del Novecento. Incessante come la sua vena artistica e, autenticamente colto, Alberto Savinio in Capri coglie il carattere di un luogo in cui non è solo la leggenda a comandare ma la controversa anima di chi questa terra l’ha attraversata, abitata e pensata. Leggendolo, ci troveremo a «penetrare di colpo nel carattere più folto, più misterioso, più leggendario» del luogo. Nonché nella commedia «truculenta, tra frivola ed estetizzante, di tutti gli ulissidi che, attratti dal non mai spento canto delle Sirene, convergono qui dai punti più remoti del globo». Questo è Capri: un luogo mitico, e insieme la scena di una «vita oziosa, flirtesca».
Gli studi e la formazione
L’ingegnere Evaristo de Chirico, suo padre, da nobile famiglia di diplomatici, è proprietario di un’impresa di costruzioni ferroviarie che pone in Grecia la linea Atene-Larissa, in Tessaglia. Così mentre il fratello Giorgio conduce i suoi studi di pittura al Politecnico di Atene, Savinio studia musica: ha solo dodici anni quando si diploma in pianoforte, la sua vita sarà un’altalena vorticosa tra scrittura, pittura e musica. A influenzarlo è certamente il poeta Guillaume Apollinaire e il suo giro di artisti e letterati quali Picasso, Max Jacob, Francis Picabia che formano le falangi di un’avanguardia moderna. Il giovane compositore, indisciplinato e poliedrico, impressiona con l’opera Les chants de la mi-mort tutti i maggiori esponenti della cultura d’avanguardia parigina, Picasso, Archipenko, Paul Guillaume e gli italiani Soffici e Canudo presenti a Parigi.
Poi, durante la guerra si sposta con la madre Gemma, rimasta vedova, e con il fratello a Ferrara dove l’incontro tra Carrà, de Chirico, Savinio, De Pisis determinerà la diffusione della pittura metafisica, che Giorgio de Chirico aveva elaborato per suo conto. Dopo la guerra andranno a Roma dove darà corso a una fitta collaborazione con le riviste d’avanguardia tra cui Dada di Tristan Tzara; gli anni di Parigi intorno al 1926 sono per Savinio di grande attività pittorica. Negli anni Trenta, in Italia, continua e intensifica la pittura di ritratto e saranno parenti, amici, intellettuali e artisti ad essere l’oggetto della sua produzione. Nel catalogo dell’importante mostra alla Galleria il Milione di Milano dieci anni dopo scriverà: «Il mio amico Libero De Libero dice che i miei ritratti sono altrettanti giudizi. I ritratti non si chiedono più ai pittori, ma ad alcuni specialisti dell’eufemismo. L’uomo non ha più il coraggio di sopportare un giudizio su se stesso, e tanto meno di pagarlo. Al quale coraggio si dovrebbe aggiungere anche il dovere di assomigliare al proprio ritratto».
Ironico, irriverente e trasgressivo continua la sua sterminata produzione letteraria con Tragedia dell’infanzia, per iniziativa di Libero De Libero, è pubblicato nelle Edizioni della Cometa, a Roma, nel 1937 mentre Carlo Belli scrive: «Savinio era inafferrabile come certi saggi orientali che hanno fatto il pieno della sapienza. Aveva capito tutto prima di tutti, e questo privilegio, anziché inorgoglirlo, lo intristiva». Collabora con la rivista Omnibus di Leo Longanesi, chiusa nel 1939 proprio per un suo articolo sulla morte di Leopardi a Napoli, considerato irriverente dal regime.
Capri, la guida
Corpo e profondità della vita di Alberto Savinio appaiono in Capri, come nel luogo magico in cui stemperare il suo cinismo, come il resoconto di un viaggio nell’Italia segreta, lo mostra questa sua struggente descrizione: “…la punta della penisola amalfitana che arditamente si slancia per raggiungere le rupi di Capri, ma non ci riesce e precipita in mare avanti di toccare la meta”.
Il pittore, il musicista e lo scrittore Savinio mostra la fibra di un’isola galleggiante che custodisce i segreti di un magnetismo perfetto, in un’opera lungamente nascosta come sommersa in mare, per riaffiorare in un’edizione di Adelphi che, nel 2014 ne fa la prima versione digitale. Fantasticamente attrezzato Alberto Savinio ispira riflessioni, tra filosofia e utopia, che insieme spronano a una necessaria emancipazione, alimentata dalla forza omerica di questa terra.
Anna Maria Turra