Nel 1959 Pier Paolo Pasolini e Paolo Di Paolo percorsero su una Fiat 1100 da Ventimiglia a Palmi e poi a Trieste, facendo tappa anche sull’isola di Capri
Quell’anno, il 1959, Pier Paolo Pasolini e il fotografo Paolo Di Paolo attraversarono l’Italia in auto, da un capo all’altro della costa italiana, da Ventimiglia a Palmi e da lì indietro, fino a Trieste. Ne scaturì un reportage in tre puntate per la rivista Successo diretta da Arturo Tofanelli, che gliel’aveva commissionato e, alcuni anni più tardi, il libro intitolato La lunga strada di sabbia. Scopo del reportage era quello di raccontare l’Italia del nuovo miracolo economico, attraverso le vacanze estive degli italiani. Una sorta di Grand Tour di fine anni Cinquanta, tra stupore e meraviglia, incontri con altri intellettuali ma anche tanta gente comune.
Nel 1959 Paolo Di Paolo ha 34 anni ed è un fotoreporter per la rivista Il Mondo. Pasolini ne ha 37 ed è uno scrittore già noto per La meglio gioventù, Ragazzi di vita e Una vita violenta, ma non ha ancora intrapreso la carriera cinematografica. Se Pasolini racconta nostalgicamente nei suoi scritti di un’Italia perduta, Di Paolo nelle sue fotografie cerca l’Italia del futuro, e racconta della strada faticosa verso il benessere.
La lunga strada di sabbia, il libro
Pasolini si abbandona a momenti di grande gioia quello che tra giugno e agosto del 1959, al volante di una Fiat 1100, percorre la «lunga strada di sabbia», da Ventimiglia a Palmi e poi, spinto da una specie di «ossessione deliziosa», fino al comune siciliano più meridionale, per risalire infine la costa orientale e arrivare a Trieste. A La Spezia, da dove parte per San Terenzo e Lerici, sente che sta per avere inizio una fra le domeniche più belle della sua vita; a Livorno, non lascerebbe mai «l’enorme lungomare, pieno di ragazzi e marinai, liberi e felici»; e, finalmente, al Circeo: «Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo, con la mia millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia».


A commissionargli il viaggio è stata la rivista Successo, che pubblicherà il reportage in tre puntate fra luglio e settembre, e Pasolini, spiaggia dopo spiaggia, incontra amici intellettuali e personaggi noti, si lascia incantare dalla gente semplice dei paeselli più remoti (a Portopalo «la gente è tutta fuori, ed è la più bella gente d’Italia, razza purissima, elegante, forte e dolce») e, portandosi in giro il suo entusiasmo per la scoperta, il suo sguardo emozionato e insieme acuto di futuro regista, annota scorci e impressioni tanto potenti da restituirci un quadro dell’Italia di allora: un’Italia in cui il boom economico, solo presagito, non riesce ancora ad avere la meglio sulla felicità del sogno pasoliniano d’innocenza.
Il reportage e la tappa a Capri
Èuno dei primi reportage incentrato sul concetto di vacanza in un’Italia. In quegli anni gli italianicominciavano a gustare il boom economico, in cui la “vacanza al mare” stava diventando un fenomeno di massa.
L’isola di Capri già allora gli appare «invasa», e Pasolini trova relativa quiete nella zona di Anacapri.
«Domenica. Il battello carico di turisti sacrileghi. Il signore inglese, con la giacca a scacchi e il berretto kaki, la sua signora, il suo amico in grigio, circondati da una banda di commercianti di Latina, affermano il loro possesso di un pezzo di panca, sulla prua, mangiando del pollo e del pane, con le mani, ungendosi tutti, e pulendosi il naso con le dita grosse come salsicce. Capri è invasa.»
La Grotta Azzurra, magistralmente descritta, è «un buco stretto» che dà accesso a «un cupolone». «Niente è mai bello come lo si aspetta, e tutto è più bello di quello che si aspetta». Nella grotta «si ha l’impressione di galleggiare su una lastra di luce, più alta del mare esterno, illuminata dal di sotto da fari di un chiarore duro, glauco, di mercurio».
Sibilla Panfili