La figlia di Vittorio Emanuele III aveva una residenza nell’isola. Catturata dai nazisti, morì a neanche 42 anni in un campo di concentramento
Il buen retiro della principessa era un posto fatto di mare azzurro, scogliere a strapiombo e magiche atmosfere senza tempo. Mafalda di Savoia, figlia di re Vittorio Emanuele III, amava follemente l’isola di Capri. Qui aveva anche una elegante e suggestiva residenza, chiamata Villa Mura. E a ricordare la sua figura, già da parecchi anni, è una lapide di marmo su cui si legge tutta la drammaticità della sua fine: morta in un campo di concentramento nazista, a neanche un anno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
La principessa Mafalda
Mafalda di Savoia nacque a Roma nel 1902. Era la secondogenita di re Vittorio Emanuele III e della regina Elena del Montenegro. Nata come principessa d’Italia, negli anni lo divenne anche di Etiopia e di Albania. Sposatasi nel 1925 con il principe tedesco Filippo d’Assia, anche se lui era protestante e lei cattolica, alla fine acquisì pure il titolo di Langravia d’Assia-Kassel. Mafalda era innamorata di Capri e delle sue straordinarie bellezze. La sua dimora, Villa Mura, acquistata negli anni Trenta e che si trova lungo la strada che porta al Castiglione, era uno dei suoi luoghi prediletti. Qui amava passare il tempo e ricevere anche i suoi numerosi ospiti. Inizialmente vicina al regime fascista, e con il marito che fin da subito aveva aderito al partito nazista, le sorti di Mafalda di Savoia cambiarono in fretta dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943. Filippo d’Assia, accusato di aver partecipato insieme al suocero Vittorio Emanuele III alla congiura contro Mussolini, fu infatti catturato e internato nel campo di concentramento di Flossenbürg. Mafalda, che non fu messa al corrente dei pericoli e che al momento dell’armistizio si trovava fuori dall’Italia, fu invece arrestata dai tedeschi una volta tornata nel suo Paese, a Roma, e imbarcata per la Germania. Per i nazisti Mafalda divenne dunque un capro espiatorio, considerato che la caduta di Mussolini nel luglio del 1943 e il conseguente armistizio erano stati pianificati da diversi gerarchi e dallo stesso re Vittorio Emanuele III.
La morte in un lager
La principessa italiana, e che era anche cittadina e langravia tedesca, fu internata nel campo di concentramento di Buchenwald sotto falsa identità, ricevendo un trattamento di poco migliore rispetto a quello degli altri deportati. Qui Mafalda di Savoia rimase seriamente ferita, dopo alcuni mesi, nel corso di un bombardamento alleato. Ricoverata nella casa di tolleranza dei tedeschi del lager, alla principessa fu amputato un braccio e, abbandonata senza ulteriori cure e assistenze, morì dissanguata a neanche 42 anni il 28 agosto del 1944. Il suo corpo, che non venne cremato, fu in seguito recuperato e sepolto nel cimitero degli Assia, vicino Francoforte sul Meno. Mafalda di Savoia lasciò quattro figli: Maurizio, Enrico, Ottone e Elisabetta. Il marito Filippo, liberato dagli alleati, morì a Roma nel 1980.
Il ricordo
A Mafalda di Savoia, nel corso degli anni, sono state dedicate numerose strade e opere, compresa una fiction. Axel Munthe, lo scrittore svedese che lasciò profonde tracce a Capri, le dedico il libro La storia di San Michele. E sempre a Capri, isola prediletta della secondogenita del penultimo re d’Italia, c’è anche una targa posta il 28 agosto del 1984 dalle donne dell’Unione Matematica Italiana della Campania, a cinquant’anni dalla morte della principessa. Si legge: «Qui visse cittadina di elezione la dolce principessa Mafalda di Savoia, langravia di Assia. Ebbe morte straziata nel campo di sterminio di Buchenwald il 28 agosto 1944. Nell’anniversario del suo martirio, in venerato ricordo, il movimento femminile Umi Campania pose.»
Dario Budroni