Voluta dal re delle Due Sicilie, la ferrovia fu inaugurata nell’ottobre del 1839 davanti a una folla festante
L’Italia neanche esisteva. La rivoluzione avvenne quindi sotto la corona del Regno delle Due Sicilie. Era il lontano 1839 e, per la prima volta in assoluto nella penisola, un treno cominciò a muoversi lungo due rotaie. A commissionare la prima tratta ferroviaria fu re Ferdinando II. Una linea di soli 7,25 chilometri che univa Napoli con Portici, comune che oggi fa parte della città metropolitana partenopea.
La storia
Il primo tronco ferroviario italiano, a doppio binario, fu inaugurato il 3 ottobre del 1839 con grande solennità. Cioè 22 anni prima dell’unità d’Italia. La convenzione con l’ingegnere costruttore Armando Giuseppe Bayard de la Vingitrie fu firmata soltanto tre anni prima, nel 1836. Il primo convoglio era così composto: una locomotiva a vapore inglese Longridge, ribattezzata Vesuvio, e otto vagoni che trasportavano numerose autorità tra cui anche molti militari del regno, più la banda reale. 258 passeggeri in tutto. Il primo treno, che viaggiò tra due ali di folla, impiegò poco più di nove minuti per raggiungere Portici da Napoli. Sfiorò una velocità di circa 50 chilometri orari.

Tutti pazzi per il treno
Fu subito un successo: nei quaranta giorni successivi al primo viaggio più di 85mila persone vollero provare l’ebrezza di un viaggio in treno. Negli anni successivi vennero poi inaugurati nuovi tratti ferroviari: nel 1842 quello che portava a Castellammare, nel 1844 quello per Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore e nel 1846 quello per San Severino e Avellino. Fu il primo viaggio, comunque, a rimanere nella storia. Un dipinto di Salvatore Fergola, pittore napoletano e uno dei maggiori esponenti della Scuola di Posillipo, rappresenta bene la portata dell’evento: il treno costeggia un mare punteggiato di barche e centinaia di persone, molte delle quali ben vestite, assistono a quello che, fino al 1839, era uno spettacolo assolutamente inedito. Di conseguenza, il regno napoletano fece anche costruire le Officine di Pietrarsa, oggi museo nazionale, proprio per dare gambe alla produzione di locomotive e rotaie.
Dario Budroni