Rosina Viva

Rosina Viva, l’anacaprese cosmopolita dell’arte

Un originale connubio fra primitivismo e avanguardie contemporanee

Bellissima e dalla spiccata vitalità, spontanea e intelligente, Rosina Viva (1899-1983) fu una pittrice che grazie al talento istintivo e alla curiosità insaziabile seppe emergere nel panorama artistico femminile del Novecento con una carriera sui generis per l’epoca, passando dalle prime esperienze a Capri al successo internazionale. Le origini umili, e un poco romanzate, ci raccontano di una bambina orfana, o figlia illegittima di una famiglia benestante, che viveva ad Anacapri e che fu adottata da Maria Viva e Matteo d’Aiello, contadini del posto. Come quasi tutti allora, aveva studiato fino alla terza elementare, e a dieci anni andò a servizio da Axel Munthe, medico e collezionista d’arte, che nella sua Villa San Michele, le affidò la cura dei piccoli animali che vivevano nel giardino.

Il «cenacolo» di Otto Sohn-Retel e l’incontro con Benjamin Vautier

A quell’epoca Capri era popolata da molti intellettuali e personalità di spicco in fuga dal continente, che cercavano nell’isola un’autenticità capace di accogliere i loro ideali illuminati. Per Rosina fu determinante l’incontro con Otto Sohn-Retel, pittore originario di Düsseldorf approdato a Capri agli inizi del XX secolo, che per lui si prestò come modella. Pare che proprio Sohn-Retel, per farla stare ferma durante la posa, le avesse donato i suoi primi pennelli e colori, che la giovane non tardò a sperimentare componendo una decina di paesaggi. Assieme al pittore Raffaele Castello, Rosina divenne l’unica frequentatrice italiana del «cenacolo» di Villa Lina di Sohn-Retel, un vivace ambiente cosmopolita da cui passarono personaggi come il conte Bismarck, Hans Berg, il principe Hohenloe, Fortunato Depero, Gilbert Clavel, che le svelarono una nuova dimensione dell’esistenza. In questo ambiente ricco di stimoli e incontri conobbe il giovane aristocratico francese Benjamin Vautier, detto Benno: fra i due scoppiò l’amore e si sposarono in breve tempo. L’acerba passione di Rosina per la pittura subì un arresto, e si dedicò completamente alla vita matrimoniale e alle due figlie, secondo i canoni consueti di una vita borghese. Nel 1927 Vautier fondò a Napoli le Officine Meccaniche Fratelli Vautier e negli anni ’40 la famiglia si trasferì nella città partenopea. Da quel momento Rosina iniziò un percorso di studi da autodidatta, leggendo moltissimo, documentandosi, visitando mostre, anche per riempire il vuoto delle lunghe assenze del marito, impegnatissimo col lavoro. 

Gli anni svizzeri e l’ascesa nel mondo dell’arte 

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale costrinse la famiglia a trasferirsi a Zurigo, e mentre il marito si prodigava nell’assistenza di esiliati e fuoriusciti, il senso di solitudine attanagliava sempre più Rosina, che riprese a dipingere, trasferendo tutte le sue energie e il suo immaginario fantasioso nella creazione artistica. Proprio a Zurigo debuttò con la sua prima mostra nel 1943, presso la galleria dei fratelli Gassert, amici dei Vautier. La decina di quadri esposti furono apprezzati per la profondità del suo slancio sentimentale, e poco tempo dopo arrivò il primo grande e inaspettato successo con una mostra alla galleria Aktuaryus del critico d’arte Max Eichenberger. La ventata d’aria fresca dell’arte di Rosina apparve come un antidoto agli orrori della guerra, ma sotto l’apparente solarità delle sue opere si celava un linguaggio pittorico che scaturiva dall’inconscio, e che divenne il denominatore del suo percorso artistico. Per la sua esuberanza e autenticità Rosina fu considerata una pittrice naïf, ma gli incontri con personalità di spicco del mondo dell’arte e della cultura, e i suoi studi delle correnti dell’avanguardia, la portarono ad assorbire le nuove tendenze dell’arte, dalla metafisica al surrealismo, dall’espressionismo al neorealismo. È così che per Rosina si delineò una nuova vita, ma nonostante i successi sempre più incalzanti continuava a sentirsi insicura e a sognare un ritorno alla sua Capri, soggetto di tanti quadri, anzi «il» soggetto.  

La casa di Kilchberg, sul lago di Zurigo, divenne crocevia di intellettuali antifascisti come Elio Vittorini, Ignazio Silone, Marino Marini, Diego Valeri, Lamberto Vitale, con cui Rosina intesse preziose relazioni che contribuirono alla sua formazione culturale facendole assumere la connotazione di un’artista sempre più evoluta. 

Il rientro a Napoli e i rapporti con gli intellettuali dell’epoca

Con il rientro a Napoli nel 1946, finalmente anche la critica italiana cominciò a prestarle attenzione, attratta dalla sua arte neo-primitivista. Grazie a una mostra milanese presso la galleria il Camino dei fratelli Ghiringhelli, le quotazioni dei suoi quadri aumentarono sensibilmente, e a questa seguirono una mostra a Parigi e una seconda a Berna: l’artista superò i confini dell’arte naïf e si confermò come pittrice di talento europeo. Dopo l’esordio con paesaggi e scenari mediterranei Rosina si cimentò in diversi filoni tematici, dedicandosi all’arte figurativa e alla descrizione di interni borghesi, con composizioni sempre più complesse, quasi in conflitto con la sua verace istintività. A Napoli instaurò nuove relazioni con l’ambiente intellettuale, attorno al quale gravitavano personaggi come Carlo Barbieri, Mario Stefanile, Paolo Ricci, Carlo Levi, Michele Prisco e Domenico Rea, che segnarono la sua affermazione come artista a tutto tondo. Negli anni Cinquanta le sue mostre si susseguirono ininterrottamente e anche la sua personalità trovò un equilibrio fra la schiettezza dell’indole napoletana e la sua nuova e sofisticata cultura.

La morte del marito e l’ultimo capitolo della vita 

Benno Vautier fu fondamentale per l’ascesa della moglie, era lui che curava in ogni dettaglio la sua carriera, come un vero manager si occupava meticolosamente delle sue opere, in una relazione improntata da grande solidarietà e vivaci contrasti. Alla sua morte, nel 1958, Rosina si ritirò a dipingere respingendo ogni occasione di socialità. Il suo temperamento appassionato e selvaggio, non mediato dalla raffinatezza del marito, esplose in tutta la sua forza e si riappropriò della vena originaria. Quando Anacapri le dedicò una mostra, per lei fu il riconoscimento più ambito della lunga carriera. Come racconta la figlia Claura Vautier, custode di molte sue opere di rilievo e delle Memorie, morì nel 1983 con il pennello in mano.

Per quel senso di appartenenza a due diverse categorie sociali l’arte di Rosina Viva viene oggi rivalutata come un momento di passaggio fra il genere naïf-primitivo-popolare e le sperimentazioni dell’arte colta e dell’avanguardia contemporanea. In quel segmento, Rosina Viva, una naïve intellettuale, trovò il suo equilibrio regalandoci opere di rara bellezza.

Si ringrazia per la collaborazione il Dott. Giovanni Schettino.

Nathalie Anne Dodd

Bibliografia:
Rosina Viva. La naïve intellettuale di Capri, di Emma Scaramuzza, Piccolo Parnaso edizioni.
Capri. 1905/1940 Frammenti postumi, a cura di Lea Vergine, Feltrinelli, Milano.

Crediti fotografici:
Foto n. 1 Rosina Viva, Vaso con Anthurium (1951), Recta Galleria d’Arte, Roma
Altre immagini: Centro Documentale dell’Isola di Capri

Rosina Viva
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