Tra misticismo e contemplazione, i paesaggi più lirici di Capri
Timido e riservato, ma ricco di sensibilità, Ugo Astarita (Capri, 1904-1964) ha lasciato un segno peculiare nella pittura della sua epoca, e nonostante la riluttanza a farsi conoscere, ha destato l’interesse di molti studiosi che ne hanno approfondito la portata artistica, mettendo in discussione la sua appartenenza alla pittura naïf ed evidenziando l’originalità del suo modo di dipingere. Purtroppo, si possono ammirare dal vivo poche delle sue opere, la maggior parte è conservata da privati a cui le ha regalate o dai turisti a cui le ha vendute, ma diversi e brillanti saggi hanno reso giustizia a questo pittore poco conosciuto e dalla intensa espressività. Il modo singolare di Astarita avvicinarsi all’arte, contemplativo e ricco di stupore poetico, rivela una purezza interiore che si traduce in composizioni rigorose, con l’uso di volumi morbidi e densi, e di forti chiaroscuri caratteristici delle assolate giornate capresi addolciti da delicate nuance cromatiche.
Le visioni mistiche e l’esperienza romana
Astarita dipingeva per esprimere la sua sensibilità e il suo mondo interiore popolato da visioni mistiche, ed essendo piuttosto insicuro delle proprie capacità artistiche viveva con estrema modestia la sua vocazione. Affermava di dipingere per occupare le ore libere, quelle che gli restavano tra il lavoro notturno nella panetteria del padre e l’attività di garzone di giorno. Amava estraniarsi per contemplare il paesaggio che riprendeva con garbo e meticolosità, grande cura formale e un uso del colore da cui traspariva l’incanto per le vedute panoramiche e gli scorci capresi, ben lontani dalle classiche vedute da cartolina. Scoperto da Anton Giulio Bragaglia, che gli organizzò nel 1933 una mostra nella sua prestigiosa galleria romana, non riscosse il consenso che meritava; nello stesso periodo partecipò anche a provini cinematografici per la parte di sostituto di Rodolfo Valentino. Ma conclusasi in modo deludente la parentesi romana, Astarita fece ritorno nella sua Capri dove ricominciò a dipingere in solitudine, mantenendo nei suoi lavori un’alta spiritualità, permeata di visioni mistiche della Madonna. Gianni di Giovanni, nell’Antologia dei naïfs italiani di Renzo Margonari, racconta una delle visioni che turbò profondamente Astarita: «Gli appare davanti agli occhi l’immagine della Madonna quale l’aveva sempre vista nell’edicola sacra lunga la via dei suoi solitari vagabondaggi. Un’austera signora che lo guardò con aria severa e gli impose con un cenno di tacere, quindi parlò con frasi perentorie: Ascolta bene Ugo, senti quel che ti dico: tu non dovrai mai più dipingere, mai più!. E poi, forse a mitigare la durezza della sentenza aggiunse: almeno fin quando te lo dirò io.» Questa apparizione gli fece buttare in mare tele e pennelli, con lo sconcerto dei compaesani, e a sospendere per diverso tempo la sua attività.
La purezza delle immagini e la componente onirica
Dipingendo a fasi alterne per oltre trent’anni, a incoraggiarlo nei momenti di crisi era la bellissima moglie del fratello Arturo, forse il suo amore segreto e inconfessabile, che lo aiutò a respingere i terrori religiosi e la sua chiusura al mondo. Poco prima della morte Astarita organizzò nell’abitazione-studio di via Madonna delle Grazie una mostra della sua ultima produzione, con le tele appese ai muri senza cornici, in cui risaltava tutta la purezza delle immagini. L’intensa componente onirica dei suoi quadri lo hanno fatto considerare per lungo tempo un pittore naïf (in quegli anni era molto di moda definire in tale modo i pittori che dipingevano con ingenuità e non avevano una precisa collocazione artistica) anche se l’acutezza quasi astratta dei suoi dipinti sono più da riferirsi ad affinità con i primitivi italiani, come scriveva Attilio Lembo e con il gruppo dell’Arcaismo italiano degli anni Trenta. Grazie alla singolarità e al lirismo poetico dell’artista, dal 1973 le sue opere sono state oggetto di rivalutazione e meritatamente esposte in rassegne d’importanza internazionale.
Nathalie Anne Dodd
Si ringrazia il dott. Simone Terzi, Responsabile Fondazione Un Paese presso il Centro Culturale Zavattini di Luzzara (RE)e il Centro Documentale dell’Isola di Capri.
*Attilio Lembo, I paesaggi incantati di Ugo Astarita, “Conoscere Capri 2”, Atti del 2° Ciclo di conferenze sulla storia e la natura dell’isola di Capri, 2004
Crediti immagini:
- COVER: Ugo Astarita, Via Krupp, 1932, Centro Documentale di Capri
- Ugo Astarita, Capri 1962, olio su tela, 30 x 25 © Museo Nazionale delle Arti Naïves “Cesare Zavattini” – Fondazione Un Paese, Luzzara
- Ugo Astarita, Pennaulo, 1932