Nel Parco Virgiliano, situato nel cuore di Napoli, una testimonianza del passato da non perdere
La poesia è intangibile come le nuvole. Ma talvolta la riscopriamo nella nostra dimensione materiale e possiamo addirittura camminare al suo interno dopo aver oltrepassato un imponente cancello socchiuso, come accade nella storica zona di Piedigrotta a Napoli. Al di là c’è un anonimo sentiero che si perde nel verde del Parco della Tomba di Virgilio, incuneandosi tra i rampicanti e i misteri di questo sito tagliato fuori dagli itinerari del turismo culturale, dove il sepolcro del poeta latino riecheggia il suo mito sulla vicina Crypta Neapolitana e sull’altro monumento funerario ospitato tra gli alberi, quello dedicato a Giacomo Leopardi.
Virgilio, pensaci tu!
Qui le suggestioni dominano la storia. Poco importa che le spoglie dell’autore delle Georgiche non siano materialmente presenti nell’antro a lui attribuito. Al suo posto c’è però un braciere rituale in cui troviamo i bigliettini lasciati da coloro che invocano il suo divino aiuto. Spesso nelle lettere si racconta di esami e interrogazioni (in latino, ovviamente) da superare. Durante la settimana, infatti, gli studenti in libera uscita sono tra i frequentatori abituali del parco. E qualcuno di loro lascia purtroppo il segno, come dimostrano i moderni graffiti che qualche volta fanno compagnia alle antiche incisioni. La più vecchia è forse proprio quella che celebra il sommo poeta: “Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces” (Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, e ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli, i campi, i condottieri). Prima di San Gennaro, era lui il vero protettore di Neapolis. Pare inoltre che nella sua città d’adozione, oltre a scrivere versi epici, il vate dedicasse parte delle sue giornate ad affinare le arti magiche che poi insegnava in una scuola per iniziati sulla costa di Posillipo.
Riti propiziatori nella Crypta
La realtà si stempera nella leggenda e spesso risulta difficile ritrovare il filo delle vicende storiche. Ma è proprio nel mito che la metropoli millenaria affonda le sue radici, le quali meglio si conservano in luoghi oscuri come la galleria della Crypta Neapolitana, che si apre a pochi passi dalla tomba di Virgilio. Scavata nel tufo in età augustea per collegare Mergellina con l’area flegrea, e purtroppo oggi inaccessibile per il pericolo di crolli, era abbastanza ampia da consentire il passaggio di due carri e di quelli che procedevano a piedi. Per il popolo quel misterioso antro divenne ben presto un simbolo materno, uterino. Petronio racconta che la cripta era consacrata a Priapo, dio della fertilità, in onore del quale di notte si svolgevano cerimonie propiziatorie e riti orgiastici che coinvolgevano vergini e spose infeconde. Pratiche probabilmente cominciate molto prima, nella città greca, e in qualche modo mutuate nei riti cristiani dei secoli successivi, quando le partorienti in cerca di buoni auspici rendevano omaggio alla Madonna ai piedi della grotta.
Arriva Leopardi
Tra esoterismo e affinità spirituali che travalicano le epoche, in questo parco il mito e la magia albergano in ogni pietra, anche nel monumento che dovrebbe conservare i resti mortali di Giacomo Leopardi, traslati qui solo nel 1939. Alla scomparsa del poeta, un secolo prima, il suo fedele amico Antonio Ranieri insistette affinché la salma non fosse gettata in una fossa comune – come imponevano le severe norme igieniche a causa del colera che imperversava in città – ma inumata nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Quando questa fu chiusa, si pensò di spostarla nell’attuale dimora. Ma, ad aggiungere un tocco di mistero alla vicenda, pare ormai certo che i resti del recanatese non siano mai stati davvero trasportati nel sepolcro di Mergellina. Forse furono smarriti chissà dove e quando. Proprio come accadde alle spoglie di Virgilio. A pensarci bene, però, nel parco dei poeti sono presenti entrambi con tutta la loro forza evocatrice e in ogni foglia e in ogni roccia continuano a vibrare le loro parole.
Marco Molino
