Pastori in Arcadia, sensualità e natura; atmosfere sognanti, nostalgie in bianco e nero e architetture senza tempo. L’isola è da oltre un secolo un set unico e ideale per i più grandi fotografi
«Una fotografia non è né catturata né presa con la forza. Essa si offre. È la foto che ti cattura», disse una volta il grande Henri Cartier-Bresson. Una frase che sintetizza il mistero di un’arte che in Capri ha avuto uno dei suoi scenari prediletti per diversi geni della fotografia. Nell’ultimo secolo e mezzo, l’isola si e offerta all’obiettivo e alla visione artistica di grandi nomi, che ne hanno interpretato l’anima in chiavi diverse. A cominciare da Wilhelm von Gloeden, il “Barone” tedesco che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento diede scandalo con le sue rappresentazioni di nudi maschili, ritratti nell’atmosfera idilliaca di Capri, immersi in una natura esuberante e arcaica, ricca di ricordi e suggestioni della Magna Grecia. Un’ispirazione che aveva in comune con il cugino, Wilhelm von Plüschow, che pare lo abbia introdotto alla fotografia. Di certo, la lezione di von Gloeden è stata un fil rouge che ha attraversato la storia dell’isola, arrivando fino a un altro artista tedesco, Herbert List. Collaboratore di riviste di moda come Vogue e Life, ci ha lasciato scatti in bianco e nero della Capri degli anni ‘30 dotati di una insolita forza espressiva sperimentale e anticonvenzionale. Sempre la Grecia classica ha ispirato le foto capresi di Herb Ritts, indicato da molti critici come uno dei migliori fotografi di moda dello scorso secolo. Le sue immagini di corpi quasi sempre nudi, trattati come elementi organici alla natura che li circonda, rispondono al suo manifesto artistico: «Fotografo solo materiali naturali: pelle, capelli, sabbia, mare, gocce, sole, ombre. Riviste in modo audace». Ma non solo natura e corpi; a Capri, l’obiettivo dei grandi è stato sedotto anche dalle linee di Casa Malaparte. Il grande François Halard, noto fotografo di architettura, ne ha scattato gli interni quando ancora non era stata restaurata dalla famiglia dello scrittore. «Malaparte era l’autore preferito di mia madre», ha raccontato, e non è un caso se ha definito l’edificio la casa d’artista più bella che ha mai scattato. Così bella da ispirare persino Karl Lagerfeld, che nel 1997 passò cinque giorni a fotografarne l’anima; un lavoro diventato un libro, dedicato a quello che egli definì un «capolavoro le cui origini profonde sono interiori», una «testimonianza dell’amore di Malaparte per la bellezza di Capri e per il mondo mediterraneo». Parola di genio.
Savino Pisedda