Villa Torricella è da sempre una delle architetture più riconoscibili di Capri. Le sue stanze raccontano storie d’altri tempi, feste eleganti, pomeriggi di sole. Le sue finestre sul mare sono occhi spalancati sul mondo
La si scorge dal mare approdando a Capri verso il molo di Marina Grande: un edificio bianco che mescola elementi moreschi e goticheggianti con la sua torre alta dal tetto a cipolla. Villa Torricella, così la chiamarono nel 1902 Kate Perry e Saidee Wolcott, due eccentriche viaggiatrici americane che sbarcarono a Capri nel 1897 e che, poco dopo il loro arrivo, decisero di stabilirsi sull’isola ammaliate dal suo fascino. Kate Perry era figlia di un colonnello da cui aveva ricevuto un’educazione assai rigida, Saidee Wolcott era una lontana parente adottata dalla famiglia Perry. Da quando si conobbero furono inseparabili al punto da fondere i loro cognomi in Wolcott-Perry. “Cugine” o amanti, poco importa, attrassero la comunità anglofona dell’isola. Leggendari i tè della domenica pomeriggio e straordinarie le feste ospitate nei grandi saloni e nelle terrazze che ad ogni piano si aprono sulla vista del Golfo di Napoli.
Giuliano dell’Uva, architetto napoletano tra i più talentuosi della scena italiana, si è innamorato della villa e della sua storia e l’ha scelta come buen retiro per le sue vacanze estive. «Da adolescente – ricorda – trascorrevo quasi tutto il mese di agosto sull’isola, poi crescendo, quando avevo circa vent’anni, ho incominciato ad avere occasioni di lavoro. Mi sembrava incredibile frequentarla più d’inverno che d’estate. Ho imparato dagli artigiani locali che il cemento bianco si può modellare come un marmo, che le colonne capresi hanno una rastremazione che le differenzia da quelle delle altre isole, che anche gli archi hanno un raggio di curvatura che si trova soltanto qui e che non esistono spigoli ma solo linee morbide che io stesso definisco isolane. Ogni volta che scendevo dall’aliscafo lo sguardo si posava prima sulle case colorate della Marina Grande poi un po’ più su, sulla torre di Villa Torricella. Da anni volevo scoprire cosa fosse nascosto dietro quel cancello dalle iniziali, ormai coperte di ruggine, di Wolcott-Perry».

Tra i frequentatori più assidui della villa vi furono il Barone Fersen, che si era fatto costruire la splendida villa Lysis fuggendo dagli scandali parigini, e lo scrittore britannico Norman Douglas, anch’egli dalla vita burrascosa. «Ho scoperto – racconta Giuliano dell’Uva – che sono state le frequentazioni inizialmente timide, poi fortemente complici con Jacques Fersen a modificare l’aspetto della villa rispetto alla sua costruzione originaria. Fu il barone a volere che avesse un carattere stilisticamente più definito. Così furono aggiunti sotto gli archi capresi, archi ogivali sorretti da colonnine tortili e forse fu lui a far chiudere parte del loggiato. Si racconta che dalla torre fossero inviati in direzione di Villa Lysis dei segnali con degli specchietti per invitarsi reciprocamente alle tante feste che spesso disturbavano la quiete caprese. Con lui le proprietarie di casa condivisero numerosi viaggi che hanno portato nei salotti della villa acquerelli giapponesi, porcellane cinesi, tavolini provenienti dal Marocco e la cornice in legno che inquadra, nel salone del pianoforte, la porta verso il mare».
Ciò che sorprende per ricchezza e, in alcuni casi, modernità sono i pavimenti in maiolica che ancora permangono nella maggior parte degli spazi. Decori floreali, temi geometrici e disegni a rilievo si alternano nelle ampie stanze con un sapore tutto mediterraneo. «Ho camminato scalzo su quelle piastrelle consumate ma originalissime che le due signore avevano voluto come dipinte ad imitazione del craquelé e ho trascorso lunghi momenti sotto il portico che inquadra scorci emozionanti, dove il Vesuvio sembra uscire dal mare. All’alba ci svegliava l’arrivo della prima nave nel porto sottostante. La villa diventava di un rosa intenso e nel pomeriggio un caldo maestrale ha accompagnato la lettura di libri che avevo trovato sull’isola».
Alla morte delle due signore, Villa Torricella fu venduta al barone Gargiulo i cui eredi, attuali abitanti, amano ricordare che il nonno la regalò alla sua sposa caprese. «Abbiamo vissuto qui più tempo noi delle Wolcott-Perry», affermano con orgoglio. Poco è cambiato, per fortuna, e la villa emana il fascino del passato con un tocco di trascuratezza che la rende più autentica. «Non posso negare – afferma dell’Uva – che nei miei progetti recenti stanno manifestandosi gli stimoli della vacanza alla Torricella. Il suo è un gusto internazionale che sa parlare di Mediterraneo, di smalti, di ciottoli, di uno stile sicuro, colto ed eclettico destinato a durare nel tempo».
Chiara Dal Canto