Il mito che si cela dietro alla costruzione di Curzio Malaparte, raccontata dall’esperta Donatella D’Angelo
Tempo fa fu scelto come copertina di un celebre festival cinematografico. Il giallo che avvolge l’intera scalinata della Villa Malaparte, usata da Jean-Luc Godard per Il Disprezzo, conferisce ancora più valore a quell’edificio, che è subito diventato un pezzo di storia dell’architettura moderna. Questo ritratto, sorretto dalla forza della natura caprese, ogni volta riemerge grazie a degli articoli interessanti che non fanno altro che mantenere viva la sua memoria. Donatella D’Angelo, su Il Fatto Quotidiano, torna infatti a raccontare del mistero che ruota attorno alla sua costruzione, che, vista la figura del suo committente, Curzio Malaparte, non poteva che somigliargli. Il nome, tra l’altro, lascia poco spazio alle interpretazioni. Casa come me è il riassunto perfetto di un’operazione che ancora oggi contiene luci e ombre. Lo specchio ideale di un personaggio in cerca della sua identità.
Autoritratto in pietra
Per compiere questa impresa chiese il sostegno di un valido architetto, Adalberto Libera, che cercò di materializza i sogni e le idee originarie del suo autore. Usando le sue parole contenute in Autoritratto di pietra, Curzio Malaparte aveva chiaro che il suo modello dovesse in qualche modo rispecchiare il mondo che lo circondava: «Mi apparve chiaro, fin dal primo momento che non solo la linea della casa, la sua architettura, ma i materiali con cui l’avrei costruita, avrebbero dovuto essere intonati con quella natura selvaggia e delicata. Non mattoni, non cemento, ma pietra, soltanto pietra, e di quella del luogo, di cui è fatta la roccia, il monte». E così fu. Anche se, come la stessa Donatella D’Angelo sottolinea nel suo pezzo, non tutto andò secondo i piani, lasciando attorno a sé scontri e misteri che sono ancora oggi avvolti nel buio.
Una casa affacciata sul mondo
Molti infatti non avevano visto con piacere quella villa, in particolare gli ambientalisti che vedevano violato uno dei luoghi di spicco dell’isola, Capo Masullo. Ma in qualche modo, ricorda la giornalista, l’amicizia con Galeazzo Ciano, all’epoca Ministro degli Esteri, contribuì alla realizzazione della casa. Ma come i suoi romanzi insegnano, davanti a Malaparte si presentò un ulteriore scontro, rappresentato in questo caso dal diverbio con l’architetto Libera. Il conflitto è il pane quotidiano per un artista, e sembra infatti che ci sia dietro un vero e proprio gioco del destino (o dello stesso scrittore) a trasformare l’idea originaria in un’opera complessa, dove non si riesce a comprendere quanto sia frutto del suo autore e quanto invece sia prodotto dall’architetto. Da una parte si vede lo spirito libero, dolce e malinconico di Malaparte, dall’altro invece il pensiero minimalista di Adalberto Libera. Gli stessi storici come Marina Talamona, Nicola Di Battista, continua la giornalista, non riescono ancora oggi a risolvere l’arcano, individuando il tocco di ciascun personaggio. Ma categorizzare qui è un atto che sfugge a qualsiasi esperto, come lo spirito che governa l’isola di Capri e i suoi splendidi promontori.
«Qui, nessuna casa appariva». – conclude Malaparte – «Io ero dunque il primo a costruire una casa in quella natura. E fu con timore reverente che mi accinsi alla fatica, aiutato non da architetti, o da ingegneri (se non per le questioni legali, per la forma legale), ma da un semplice capomastro, il migliore, il più onesto, il più intelligente, il più probo, fra quanti abbia mai conosciuti».
Riccardo Lo Re
Credits: Costantino Esposito