Il regista, scomparso all’età di 91 anni, ha girato sull’isola di Capri una delle scene iconiche del cinema contemporaneo
In queste ore ha scelto di andarsene una figura che è difficile da descrivere in poche parole. Esponente della Nouvelle Vague, critico cinematografico, esperto conoscitore del linguaggio nelle sue sfumature. Tutto questo però descrive solo un frammento di chi è stato realmente Jean-Luc Godard. Un uomo che non ha posto freni alla propria libertà e alla propria ricerca dal punto di vista artistico. Pensando a ciò che ha realizzato in questi anni, è stato uno degli autori che ha sfidato quello strumento capace di raccogliere i sogni, trasformandoli in immagini. Un’evoluzione che è partita dai Cahiers du Cinéma, la rivista di critica per eccellenza dove per altro ha conosciuto uomini di straordinario intelletto come André Bazin e François Truffaut. È proprio grazie a lui e a Truffaut se oggi consideriamo Alfred Hitchcock un regista di primo livello, e non un banale autore di racconti di serie B. E già qui si deve davvero ringraziare la sua indole che non si è sottratta alla critica e allo scontro contro il conformismo che partiva soprattutto dal cinema classico, dove tutto era estremamente calcolato nei dettagli.
Capri e il legame con Godard
Godard con la Nouvelle Vague sperimentò il concetto di tempo sia come linguaggio che come contenuto. Il jump cut – un’operazione di montaggio dove vengono eliminate delle parte centrali della scena pur mantenendo invariata l’inquadratura – venne mostrata in uno dei suoi più grandi capolavori come Fino all’ultimo respiro, firmato anche da Truffaut essendo l’autore della sceneggiatura del film. Ciò che interessante è inoltre questa sua volontà di raccontare la quotidianità senza mai togliere le parti considerate ridondanti. Perché la realtà non passa mai tra dissolvenze e la scritta fine che chiude il cerchio della storia. Tutto per lui è importante, perché è parte stessa del mondo che lo circonda. E il cinema, in quanto tale, deve essere in grado di mostrarla: «La fotografia è la verità, il cinema è la verità 24 volte al secondo». Una frase che è ben raffigura in una delle scene de Il disprezzo, quando si cerca di descrivere la crisi tra lo scrittore Paul Javal e Camille, interpretata da Brigitte Bardot. In questa sua lunga ricerca della purezza del cinema lontana da compromessi produttivi, ci ha lasciato delle riprese che ancora oggi descrivono il significato e le emozioni che si celano dietro la bellezza della settima arte, a cominciare da quella panoramica che mostra il cammino di Paul verso il punto più alto di Villa Malaparte. Adieu, Godard.
Riccardo Lo Re