La storia di Livio de Simone è molto più di una storia di tessuti e arredamento. Personalità vitale, ha espresso la gioia dell’isola di Capri degli anni Sessanta e Settanta giocando con tutti i colori possibili
Moda e design, un binomio che oggi è indissolubilmente legato ma fu proprio Livio de Simone a intuirne lo stretto rapporto. Oggi, nella contemporaneità, i termini abito e abitazione – parole molto vicine – vivono un reciproco sconfinamento basato sul textile design. Poco meno di un secolo fa, pioniere di questi territori allora ancora inesplorati, de Simone cominciò ad avere una intuizione semplice quanto geniale. Anche gli interni delle dimore, così come le celebri ed eleganti donne che si rivolgevano a lui per scegliere i loro abiti (da Elsa Martinelli a Audrey Hepburn passando per Jacqueline Onassis) avevano bisogno di essere “vestiti” con un’attenzione, una cura, una ricercatezza ideando uno stile unico, che infondesse loro personalità e creasse uno stile diverso, innovativo, unico. Da qui la “rivoluzione” firmata de Simone. Non solo: innovazione, cura dei dettagli e artigianalità come cifra stilistica. Ieri come oggi, la particolarità che rende uniche le sue creazioni è quella di essere dipinte a mano libera, con coloranti ad acqua e un sistema pittorico di stampa artigianale che rende i colori particolarmente brillanti, tecnica ancora oggi utilizzata dall’azienda.
Core-business della maison Livio De Simone sono i tessuti dipinti a mano, pennellate di tutti i colori spaziano su di una palette interamente progettata e firmata LDS, ogni tessuto può realizzare e ricoprire un sogno.
Nato a Napoli, classe 1920, Livio De Simone leader carismatico dell’azienda, abbandona da giovanissimo la carriera da avvocato e investe sul suo talento creativo, imponendosi in poco tempo come uno dei protagonisti del prêt-à-porter italiano; la particolarità che rende uniche le sue creazioni è quella di essere dipinte a mano libera, con coloranti ad acqua, con sistema pittorico di stampa artigianale che rende i colori particolarmente brillanti, tecnica ancora oggi utilizzata dall’azienda. Alla scomparsa di Livio, le redini dell’azienda sono passate prima alla moglie Graziella, da sempre guida commerciale del marchio, poi alla figlia Benedetta. È proprio lei a raccontare «Entrambi artisti i miei genitori, avevano difficoltà a rendere organico il loro lavoro, mio padre era incapace di procedere su qualsiasi cosa che avesse una sequenza e mia madre, con la sua energia da artista, ha dovuto gestire la portata di un’impresa che dal ‘70 al ‘95 era davvero mastodontica. Papà, molto più anziano di mia madre, era un personaggio pubblico, entrambi adoravano presenziare, il che era un problema nel problema, la loro creatività subiva continui impulsi; io studiavo in America avvertendo l’urgenza di mettere a sistema un’azienda che per certi versi non mi somigliava affatto.»
Oggi Benedetta De Simone è alla guida di un brand che le somiglia parecchio, ha tre figli: Ludovica 26 anni, che già lavora nell’azienda, Antonio 23, che come tratto caratteriale ha uno spiccato senso di appartenenza che lo tiene ancorato alla tradizione, e poi c’è Livio, 19 anni e un magnifico modo d’indossare il nome di quel nonno che l’azienda se l’è immaginata.
L’obiettivo di oggi è raggiungere uno sviluppo nel retail, con punti vendita mono marca in tutta Italia così come è stato, grazie all’occhio sapiente di Giuliano Dell’Uva quando, in una partnership ha saputo dar vita alla realizzazione di interni e incrementare la reale visibilità. È andata così infatti per il segmento home, già esistente nell’azienda e fortemente voluto da Benedetta, che ha guadagnato consensi e posizionamenti sempre più forti in un mercato dell’arredamento diventato internazionale.
«Oggi noi siamo riconosciuti ma il lavoro da fare è, proprio per questo, molto articolato e ci affidiamo allo scambio nello slogan Contattaci per trovare insieme la soluzione più adatta a te. – confida Benedetta De Simone – Remo Ruffini di Moncler voleva acquistare il marchio ma sarebbe stato un po’ come vendere un figlio ed io credo davvero di avere un problema col possesso.»
Ride Benedetta De Simone e narra che nella Capri vip degli anni Cinquanta il padre conosce le botteghe artigianali, con loro avvierà collaborazioni che lasceranno il segno nella storia della moda, ricorda la Boutique La Parisienne di Capri e quella di Elena Wassermann a Ischia, racconta la creatività per Emilio Pucci e nel 1957 la sfilata con suoi capi a palazzo Pitti.
«Mi ha cresciuta la nonna materna in un ambiente familiare caotico e in un periodo complesso, mio padre era sicuro di sé, bello e in preda ad un potere che non sapeva nemmeno di avere. Griffava vestiti per star del calibro di Audrey Hepburn e Elsa Martinelli – racconta Benedetta De Simone – Per questo forse io oggi non amo la mondanità, i miei genitori sono stati completamente assorbiti dalla loro immagine pubblica. Ricordo che mio padre aveva fischietto d’oro appeso al collo e, quando arrivava in piazzetta, cominciava a segnalare la sua presenza, io allora avrei voluto scomparire. Per loro è stato difficile fare i conti con una forza che, come la giovinezza, inevitabilmente è venuta meno.»
Molti tra i prodotti sono personalizzabili per questa azienda icona con una bella storia alle spalle, che insiste nel credere che ogni grande progetto inizi con un’interazione.
Anna Maria Turra