Ingolosire, incuriosire e stupire questa la filosofia dello chef del Ristorante D’Amore
Chef Rinaldo riesce a catalizzare l’attenzione in pochi secondi: idee chiare, un amore viscerale per la cucina, per la ricerca gastronomica e un innato spirito comunicativo, coltivato e affinato dalla sua propensione ad ampliare i suoi orizzonti. In poche decine di minuti riesce, infatti, a raccontare con dovizia di particolari, professionalità e simpatia il suo background, la sua filosofia e il suo lavoro di executive chef e manager del Ristorante D’Amore.
Sono Pasquale Rinaldo, un umile cuoco di Melito di Napoli e ho trentatré anni.
Così esordisce lo chef, con un disinvolto understatement, che scaturisce da una lunga gavetta nonostante la sua giovane età. Innamorato della cucina dall’età di 12 anni, infatti, ha girato in lungo e largo tutte le province dello Stivale, prima di approdare, tre anni fa, a capo della brigata di cucina del Ristorante D’Amore di Capri, dei fratelli Marco e Antonino. «In questo modo» – spiega – «sono riuscito a raccogliere, nei vicoletti, nelle trattorie e nei ristoranti di battaglia tutti i segreti ed i sapori dei prodotti locali». Rinaldo è l’unico chef dell’isola a fare parte dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi e, nell’offrire una cucina rispettosa della tradizione ma originale, attinge a piene mani dalle materie prime che l’isola, la sua terra e il suo mare sono in grado di offrire.
L’arte dello sbaglio
Chef Rinaldo ama giocare con le parole e sperimentare. Ne sono l’esempio alcuni dei piatti forti del D’Amore. La Caprese Sbagliata, che usa le tipiche materie prime della celebre insalata isolana, presentandole in maniera inedita: rilavorando e rimozzando la mozzarella e portandola in tavola con un ripieno di pomodorini e ovviamente gli immancabili olio, basilico e origano. Ci racconta anche della Carbonara agli Agrumi: se la Caprese Sbagliata è un gioco di parole, questa carbonara, invece, nasce da un vero errore. «Mentre ero intento a cucinare una carbonara, una richiesta fuori menù di un cliente, alcune scorzette di agrumi caddero rovinosamente nella padella, pensai: perchè no? E quando assaggiai il risultato di questo “incidente” mi resi conto che il gusto era eccezionale». Un vero e proprio caso di serendipità culinaria.
Non solo gustosi sbagli ma soprattutto una ricerca incessante, un approccio psicologico e la voglia di catturare la curiosità dell’ospite
Fra gli assi nella manica di Chef Rinaldo, un’attenta ricerca anche dietro alle cose più semplici: il suo pane, un blend di 8 differenti farine, con un maniacale studio sui lieviti e sulle dinamiche chimiche che permettono di ottenere i benefici di una lievitazione lunghissima, di più di 170 ore, che non altera le proprietà dell’alimento. Poi quando dalla cucina si passa alla psicologia applicata al gusto Chef Rinaldo è un fiume in piena, le cui parole fanno trasparire il suo più grande piacere: stuzzicare e sorprendere l’ospite. Sulla carte del D’Amore, fra i dessert spicca il Panettone di Capri, arricchito da tre tipologie di cioccolato e tre tipi di frutta semicandita. «Da piccolo non mi è mai piaciuto il panettone» – spiega lo chef napoletano – «perché c’era la frutta candita per me troppo dura: i fichi, le albicocche e le arance del mio panettone, quindi, vengono cotti di men e rimangono più morbidi, avvolgendo il palato di chi lo assaggia. E poi» – aggiunge Rinaldo con un largo sorriso soddisfatto – «non c’è niente di più appagante che proporre ad un ospite un panettone in una giornata calda di agosto e leggere nel suo sguardo il pensiero “Ok, questo chef è pazzo!”». Ma, a quanto pare, come ci assicura lo stesso Rinaldo, quasi nessun ospite riesce a dire no a questa prelibata follia.
L’esperienza in TV e l’amore per la comunicazione
Chef Rinaldo è stato per due anni presenza fissa in due note trasmissioni televisive culinarie: La Prova del Cuoco e Tutto Chiaro. Di questa esperienza ricorda con piacere il senso di sfida, l’adrenalina a mille e come il settore dell’entertainment televisivo-culinario abbia avvicinato tanti giovani alla materia. «Ecco, in TV sembra tutto semplice» – puntualizza lo chef – «ma in realtà dietro ogni pietanza c’è tanto studio. È su quello che i giovani devono puntare tutto, sulla formazione, a partire dalla scuola. Anche se, secondo me» – sottolinea Rinaldo – «forse il metodo didattico delle scuole di indirizzo alberghiero-cucina andrebbe sostanzialmente ampliato e rivisto». Non solo studio ma anche fatica psicofisica e, a volte, vero e proprio stress. Lo chef napoletano lo manifesta simpaticamente con una frase a effetto ma chiaramente sincera. «Mi chiedono spesso quale sia il mio cavallo di battaglia e io rispondo sempre di non averne, per me la cucina è essa stessa un cavallo di battaglia». A questo punto chef Rinaldo deve tornare al lavoro e ci saluta con un’altra curiosità. «Nel nostro menù abbiamo anche la classica parmigiana di melanzane» – ci dice mentre si incammina verso il suo regno, la cucina del D’Amore – «vi assicuro che rispetta tutti i canoni di questa colonna portante della cucina partenopea, ma c’è anche qualche piccola sorpresa, vi invito a venirla a provare…» Non c’è che dire, il giovane ma esperto chef la sa lunga su come catturare l’attenzione e voglia di scoprire dell’ospite.
Ugo Canfora
Credit: Costantino Esposito