Rosemary Calderone

Rosemary Calderone: il talento nel Dna

La pronipote del futurista Ruggero Vasari è un’attrice che sconfina la passione iscritta nella genealogia

È pronipote del Vasari futurista la trentaquattrenne Rosemary Calderone, di professione attrice ma con una vocazione frammentata in mille pratiche d’arte. Dipinge, scrive poesie e sceneggiature. Insomma, anche in lei sembra sconfinare la passione iscritta nella genealogia. Ruggero Vasari soggiornò a Capri nel 1924 con Vera Idelson, che per L’angoscia delle macchine si occuperà di scenografia e costumi. E la siciliana Rosemary Calderone, con la sua poliedrica predisposizione, sembra davvero uscire da quel fermento culturale che anticipa il film Metropolis di Fritz Lang, così come potrebbe di diritto essere interprete di quel teatro detto sintetico, presentato a Capri in anteprima all’hotel Quisisana e poi nella sala Marconi di via Acquaviva.

Avere un antenato come Ruggero Paolino Vasari, l’inquieto esponente della corrente futurista, per Rosemary è una curiosa coincidenza oltre che motivo di un compiaciuto divertimento. «Era un uomo diviso in posizioni frontali tra uomo-donna, sentimento-ragione, trattava temi come incesto o infanticidio con la stessa spregiudicata agilità con cui teorizzava sulla lussuria: insomma io credo che quella sua particolare energia creativa parlasse di ricerca e di una tristezza offuscata dal contenitore del Futurismo» sostiene la nipote, definendo le provocatorie visioni dello zio.

Con un master alla Broadway Musical Academy e una formazione in scuole di recitazione alla cui guida figurano Pupi Avati, Giancarlo Giannini, Giancarlo Scarchilli, Tonino Zangardi, Pino Pellegrino, Ivano de Matteo e lo statunitense Abel Ferrara, diventa interprete di film che si candidano al David di Donatello. Passa con disinvoltura dalla televisione al grande schermo con la flessibilità che sembra iscritta in quei geni in discesa diretta da un’avanguardia che nel Futurismo ha l’urgenza di trasformare il vecchio in sperimentazioni scioccanti. «Ormai ho deciso: non ho nessuna intenzione di definire un preciso ambito per esprimere quel che sono» dichiara Rosemary Calderone senza mezzi termini. Il che tecnicamente fa parte di quell’immaginazione senza freni, leva della corrente del Marinetti leader, che la letteratura contemporanea di inizio secolo relegherà al ruolo di distruttore letterario.

«Certo, dagli ideali di fanatismo futurista cui la guerra fa da ispirazione mi sento davvero lontana – precisa Rosemary Calderone – però all’idea d’infrangere schemi antichi ricorro spesso nelle mie poesie, parlando del rumore delle emozioni». E nella sua raccolta, Pensieri, appaiono versi come siamo marionette tutte rotte, oppure poesie come Vorrei suonarla: evocazioni delle cosiddette parole in libertà che intendevano bandire tradizionali strutture sintattiche e grammaticali per dar corso a una libera associazione tra idee, contenuti e, notoriamente, suoni.

Protagonista di trasmissioni televisive come Italia’s got talent e Forum, Rosemary Calderone non formalizza gli ambiti e con libertà totale si rende opera partecipe di mostre e vernissage a sfondo benefico: incontra, include, sperimenta. E se al culto dei sentimenti, dell’analisi interiore, alla meditazione e al silenzio i futuristi contrappongono lo slancio vitale, nel suo stile anche Rosemary si fa interprete di una nuova concezione artistica basata sulla fede nel futuro e nel progresso tecnologico. Ma con in più la visione attuale di una concreta responsabilità del singolo, che fa davvero chiasso e una nuova, irriducibile luce abbagliante. «Non vorrei sembrare Miss Italia con la corona appena conquistata, ma penso che ognuno di noi possa davvero incidere sullo stop alle armi, alle morti senza senso e alla povertà diffusa: lo si deve fare dal proprio posto di comando e ciascuno deve saperlo individuare». E la grande popolarità di un uomo come Ruggero Vasari che ha scritto la novella Una notte, a Capri e si è reso noto per essere stato respinto dalla commissione dell’Università di Torino per l’inadeguatezza dei contenuti della sua tesi sulla personalità della prostituta, getta sull’erede la luce ardita delle avanguardie che osano rivoluzionare.

Dedita anche a regia e scrittura di soggetti cinematografici, nel corto Il destino di un amore, premiato all’ Azzurra Film Festival, debutta come attrice protagonista e sarà in concorso per il David di Donatello 2018. È tra gli interpreti de La stanza Rossa, per la regia di Luca Arcidiacono, vincitore a Los Angeles per la categoria miglior thriller. Seminari intensivi con actor coach come Bernard Hiller e Patrizia de Santis, fanno del talento di questa giovane artista un bene comune che di continuo ricerca la perfezione. E nel vulcano della sua creazione attualmente progetta un nuovo corto psicologico, L’abbandono, mentre nei suoi programmi anticipa di accostamenti teatro-cinema con al centro la visione dell’eversivo poeta futurista Ruggero Vasari.

Attinge indomita alla figura di spicco del prozio e nella sfida, Rosemary Calderone, intende declinare energie e competenze e la tecnica dell’Actor Studio di New York. Tra commedie dialettali o shakespeareane, musical, tragedie greche o cabaret esplora ambiti che non intendono per nessun motivo escludere la solidarietà. «Presento in tv locali dove l’informazione è piena di fermento, certo mi mantengo agli studi tra spot di pubblicità e salti mortali, ma accanto a noi c’è sempre qualcuno avvolto dal silenzio: è a quella desolazione che mi rivolgo». Si staglia l’idea straordinariamente attuale in cui forza è beneficenza, un’istanza che, come il Futurismo, vuole ribaltare i piani e strattona la coscienza.

Anna Maria Turra