villa la falconetta

Un amore tiberiano

La liason vissuta dalla poetessa Sibilla Aleramo con il giovane Franco Matacotta in quel di Villa La Falconetta sull’isola di Capri

Lo hanno definito un amore insolito quello tra la poetessa Sibilla Aleramo – al secolo Rina Faccio – e il suo giovane compagno. Buona parte di quell’amore è stato vissuto a Capri, in un piccolo eremo a picco sul mare.

Versi galeotti

La coppia si conosce nel gennaio del 1936 nella capitale. Lei, Sibilla Aleramo, ha già superato i sessant’anni, ha alle spalle varie storie turbolente e il legame con Dino Campana, narrato sul grande schermo da Michele Placido con Laura Morante e Stefano Accorsi. È considerata come la prima – scandalosa – scrittrice femminista italiana per il suo romanzo, Una donna. Lui, giovane poeta marchigiano ventenne, le invia copia dei suoi scritti e chiede di incontrarla. «I vostri versi sono giovani come i miei anni», le scrive. Sibilla cede e inizia così una relazione tormentata con i Faraglioni a fare da sfondo. È qui che entra in gioco, infatti, Villa La Falconetta, il rifugio d’amore della Aleramo e di Matacotta, a pochi passi da quello che oggi è noto come Parco Astarita e dagli scavi archeologici di Villa Jovis. Una storia di fusione totale che regala nuova linfa, raccontata, pagina dopo pagina, nei diari in cui la poetessa annota ogni dettaglio della vita con Franco. «Egli è nella mia vita, è vero, in modo indicibile» – scriveva Sibilla – «Non già che sia divenuto una cosa stessa con me, ma, restando differentissimo, domina tanto, riempie tanto di sé ogni mia ora. L’ho veduto, il mutamento, effettuarsi quasi direi ora per ora, mentre egli mi respirava e si nutriva di me, della mia anima, della mia esperienza enorme, e io intanto era come se vivessi per sortilegio con i suoi gracili anni, godessi e soffrissi con l’età di lui, in uno sdoppiamento continuo, formidabile.»

Il nido d’amore

Teatro di questa passione è stata Villa La Falconetta, situata sulla sommità di Tiberio, circondata da un parco di 150mila metri quadrati. Costruita da Mario Astarita, banchiere e fine collezionista, già proprietario della Casa del Solitario a Marina Piccola, questa dimora tiberiana – in cui Sibilla e Franco vissero la loro passione al riparo da sguardi indiscreti – custodì buona parte della sua collezione di reperti di età classica e ospitò spesso lo scrittore Roger Peyrefitte, autore de L’esule di Capri. Quando morì, il raffinato intellettuale lasciò 100mila metri quadri del suo immenso giardino allo stato italiano per realizzarne un parco pubblico che oggi porta il suo nome. La raccolta di pezzi storici di Astarita fu, invece, divisa tra i Musei Vaticani, il Museo Nazionale e quello di Capodimonte di Napoli.

L’idillio si rompe

Le giornate capresi diventano un ricordo. Franco viene chiamato in guerra, Sibilla resta a Roma. Lui ritorna e sposa un’altra donna. Lei, perdutamente innamorata del suo giovane poeta, continua a scrivere del loro amore, che metterà da parte solo quando diventerà attivista del partito comunista, cercando conforto nella fede politica.

Francesco Tivoli