In un libro ne raccoglie le opere e le testimonianze
Il lavoro di raccolta di dati, opere e testimonianze di Violetta Federico, la nipote di Carmelina di Capri , è coinciso con un periodo di malattia della madre. Oggi è diventato un vero progetto di promozione umana, lavori in corso su di un asse genealogica di tutto rispetto. Indaga nell’architettura che sorregge i nostri legami, viaggia avanti e indietro in tragitti che di fatto accorciano le distanze, Violetta Federico: la nipote della pittrice che per tutti a Capri è solo Carmelina, e per il mondo l’involontariamente famosa esponente naïf.
È sua l’idea di un libro, di sole 200 copie numerate, la cui pubblicazione è un test che dal 2018 a oggi sta promuovendo incredibili evoluzioni personali. Oggi l’idea è rendere accessibile a un più vasto pubblico il piccolo volume che ha dimostrato di aver liberato un magico potere di contaminazione. Si tratta di 50 pagine tra immagini e testi dei critici Lorenza Trucchi e Giancarlo Vigorelli, l’intervista di Carmelina del 1959 e una raccolta di note di alcune grandi firme dell’arte come Derna Querel, Anatole Jakovsky, Dino Menozzi e Nevio Jori. Più ampio nella destinazione, quello iniziato anni fa da Violetta, è oggi un lavoro in itinere che lega personaggi noti a gente comune con l’incessante approdo ad un realismo che ricorda il tratto della nonna Carmelina quando, senza saperlo, vede i suoi quadri lasciati fuori casa ad asciugare, centro di interesse della critica di personaggi quali Andrea Checchi, Silvano Tranquilli, Achille Millo, Elsa Merlini, Clelia Matania, Umberto Orsini.
Non si può chiamare ricerca la raccolta dati che inizia nel 2012, non è neppure un percorso personale o terapeutico alla conquista di un avo: quello che accade con la prima pubblicazione del 2018 è una rivelazione. Il diario di bordo di un viaggio nella matrilinearità, la dolcezza di una nonna e la forza con cui una madre entra nella vulnerabilità dettata dalla malattia e in mezzo Violetta, come cristallizzata in un presente che sembra non appartenerle: un incedere in sincrono di tre donne che si ritrovano ad attingere alla stessa forza invisibile.
«Questo progetto nasce da un profondo bisogno di costruirmi un futuro su misura: a 18 anni sognavo di lasciare il porto sicuro con leggerezza ma non è andata proprio così: la nonna Carmelina nel 2004 muore e dopo poco la mamma scopre che dovrà occuparsi anche della propria salute. La competenza medica di mia madre, la sua formazione all’ascolto e l’empatia, che dal suo ambiente familiare ha saputo comunicare al suo mondo, hanno fatto il resto» – precisa Violetta Federico – «Così a un certo punto, di ritorno da viaggi e scoperte, nella mia costante curiosità ero come interrogata da questa frase: il microbo è nulla, il terreno è tutto. È di Bernard, ripresa da Pasteur, spiega che potevo essere anch’io un po’ medico, è allora che dico a mia madre ora mi racconti tutto. Ne è uscita una memoria di bambina in cui sfogliare gli album, i registri della nonna con le mille firme famose, è diventato quel gesto di scambio in cui tutto somigliava a una guarigione.»
Dichiarazione interessante se si pensa che Carmelina inizia a dipingere perché il figlio è colpito da una grave malattia.
«Osservare le diverse fasi della vita ha generato in noi una spirale di comprensione che ci ha aiutato a starci accanto relativizzando, tra alti e bassi, il nostro percorso dentro fatiche e fragilità che la malattia sa imporre. E sai qual è stato il mio successo?» – confida Violetta – «Mentre attraversavo il ghetto ebraico a Roma, squilla il mio telefono: Lorenza Trucchi aveva visto la mia intervista in tv: i suoi sono stati i complimenti che non dimenticherò mai. Una donna straordinaria, testimone volontaria dell’eccellenza estetica in cui convivono le collezioni più diverse e bizzarre, la portavoce idolatrata, non solo da me o dall’adorato gineceo delle mie ave, aveva dato come una benedizione a questo nostro percorso. Ho pianto e sorriso alzando gli occhi al cielo, mi sono sentita fiera e ripagata di tutto.»
Ride Violetta nel mezzo del discorso come se fosse esattamente al centro di un percorso di ricostruzione che si serve del passato e del rapporto tra una madre e una figlia per replicarsi nella perfezione di una voce.
E veniamo al lavoro di Violetta: dj, speaker e autrice di format radiofonici, voice over e performer si accosta al teatro. Nell’uso della voce e del corpo trova un potentissimo strumento dall’imponente rigore creativo.
Imprende senza alcuna supponenza, dipinge la tela della sua vita con la stessa classe che appartiene alla sua genealogia; animata da una gratitudine serena sta cercando di catalogare quanto possibile i quadri della nonna. Come se il grande insegnamento fosse la ricerca, il grande lusso fosse il tempo della cura di sé o di ciò che si ama, scoprendone la magica coincidenza.
Posata con grazia sul prodigio Violetta Federico sembra guidata da antiche stirpi.
Anna Maria Turra