Nel suo buen retiro di Tiberio, il giornalista racconta la vera natura isolana
«Il mondo? Si divide tra quelli che sono stati a Capri e quelli che vorrebbero venirci.» Questa capacità di attrazione dell’isola, che travalica il tempo e lo spazio, il giornalista e conduttore televisivo Guido Barendson l’ha avvertita nella profondità dell’animo fin da ragazzo con le suggestive passeggiate tra i ruderi millenari di Villa Jovis, il primo bacio ai Bagni di Tiberio, le scalate del Monte Solaro. Esperienze e scoperte che forse hanno contribuito alla scelta di una professione che lo ha portato da per tutto, fino a seguire i conflitti mediorientali nel Libano e nel Golfo, come inviato di Repubblica, e a concentrarsi sulla politica internazionale per il Tg5 e per la Rai. Una curiosità e attenzione alle peculiarità dei territori che hanno caratterizzato le sue conduzioni di Domenica in e Linea Verde e che nella sua adorata Capri lo vedono tra i più convinti sostenitori dell’istituzione dell’Area Marina Protetta, «essenziale – sottolinea Barendson – per salvaguardare la biodiversità di questi fondali.»
Insomma, un’isola da tutelare e amare partendo proprio dal basso, addirittura da sotto il pelo dell’acqua.
«Un importante passo avanti per la difesa della natura sarà l’istituzione dell’area protetta che consentirà di regolamentare la fruizione di un mare che ha equilibri fragili. Anche a Capri serve un campo boe che lasci spazio al ripopolamento marino in determinati siti.»
Torniamo in superfice. Quali sono i suoi itinerari preferiti?
«Capri è tutta nel mio cuore e lo dimostra il fatto che uno dei miei figli è stato battezzato proprio sull’isola, dove ho casa nell’area di Tiberio. Bisogna assolutamente riscoprire luoghi come Villa Jovis e Villa Lysis, la casa incantata di Axel Munthe, il Castello di Barbarossa sulla rocca. E poi i Fortini e in cima al Monte Solaro dove ci si arriva con la seggiovia e dunque evitando l’impatto antropico. Pure la Certosa con i suoi meravigliosi spazi che si potrebbero dedicare ad iniziative culturali.»
Al di là degli stereotipi, quale è il segreto per conoscere la vera natura di quest’isola?
«Quando sono da queste parti, il mio ufficio informale è in Piazzetta, dove incontro amici d’infanzia e faccio nuove conoscenze. Ma poi vale la pena di allontanarsi dai ritrovi consueti per esplorare tanti angoli magari poco frequentati ma ricchi di bellezza e di storie da raccontare. Un inatteso volto dell’isola lo si può ammirare tornando anche dopo la stagione estiva.»
Lei ci riesce?
«Vivo a Roma, eppure a Capri torno praticamente ogni mese, anche d’inverno. Quanti Natali e Capodanni abbiamo trascorso qui. In giro, nella stagione fredda, incroci poche persone e la natura sembra trovare maggior vigore. Una bella giornata invernale è un dono del cielo, camminando senti il canto degli uccelli.»
Capri in passato ha sempre goduto di una grande considerazione soprattutto lontano dal Golfo di Napoli. È ancora così?
«Tanto per cominciare, c’è l’esempio di mia moglie: milanese doc però, per certi aspetti, più caprese di me. Non scherzo quando affermo che chi non la conosce già, non vede l’ora di venirci. Nell’immaginario collettivo ha conservato tutto il suo fascino.»
All’estero che le dicono?
«Che se la sognano.»
Marco Molino