Graham Greene capri

La questione di Graham Greene

Immaginiamo ancora oggi lo scrittore britannico seduto sulla veranda di villa Il Rosaio ad Anacapri, lo sguardo verso l’orizzonte

È domenica. In lontananza si sentono le campane di San Michele Arcangelo suonare il mattutino e sulla veranda di villa Il Rosaio ad Anacapri è seduto un inglese biondo e tranquillo, con le ginocchia ciondolanti poggiate contro la balaustra. Potremmo immaginarceli così i soggiorni capresi di Graham Greene, proprio come nell’incipit di uno dei suoi romanzi più famosi: Il nocciolo della questione

«Il mio rapporto con Capri è strano. Non è proprio il mio posto.» 

Graham Greene vive fin da subito una relazione complicata con l’isola azzurra. Come con il mondo, del resto. Convive, infatti, da tutta la vita con un disturbo bipolare che gli condiziona inevitabilmente la visione delle cose, influenzando il suo lo stile di vita e la scrittura. Di Graham Greene quello che colpiva di più erano i suoi occhi, carichi di una forza magnetica, da cui traspariva l’animo irrequieto. Forse proprio per questo Greene non venne a Capri spinto dall’interesse per la storia e le bellezze naturali del luogo, come avevano fatto la maggior parte delle personalità artistiche nel corso degli anni. 

Il Rosaio, un cottage inglese a Capri

Lo scrittore britannico acquista villa Il Rosaio nel 1948 che fu di Cerio per una somma di circa quattromila sterline. È rustica, dalla cupola curva e compatta, le pareti sono – come quelle di tutte le altre abitazioni sull’isola – bianche come il latte e adatte al clima caprese. La villa però non è molto grande: ha solo quattro stanze al piano terra, mentre la parte superiore è costituita da un unico spazio, in cui lo scrittore fa costruire una terrazza riparata, per meglio ammirare i tramonti su Ischia. Accogliente, piacevole. Soprattutto, frugale e senza confusione.

Nei suoi primi anni sull’isola, Greene può contare sulla compagnia di altri turisti e letterati stranieri, tra cui spiccano lo scrittore britannico Norman Douglas – che sull’isola azzurra lasciò tragicamente sé stesso – e la Dottoressa Elisabeth Moor, la “donna impossibile” menzionata nelle sue memorie e poi fonte ispiratrice per il romanzo Travels with My Aunt del 1969. A Capri avviene anche l’incontro, nel secondo dopoguerra, con alcuni degli esponenti d’avanguardia della letteratura italiana del Novecento: Elsa Morante, Alberto Moravia e Mario Soldati, che diverrà uno dei suoi più cari amici. 

Nonostante la compagnia, le visite di Graham a Capri non erano mai durature. Soggiornava appena un paio di mesi l’anno, in primavera e in autunno. Poi, come nulla fosse, la lasciava. Ma alla fine tornava sempre. Viene da chiedersi il perché. Forse perché l’isola costituiva una pausa. Non dalla scrittura, attività questa che lo terrà sempre impegnato. Sull’isola di Capri, infatti, lo scrittore è piuttosto prolifico, tanto da portare a termine porzioni sostanziali dei suoi romanzi. Dopotutto qui a villa Il Rosaio – è solito scherzare – si riesce a completare il lavoro di sei mesi in appena quattro settimane. Le sue giornate, però, non sono mai particolarmente eclettiche: la mattina è totalmente assorbito nella scrittura, per un ritmo di almeno 350 parole al giorno. Al pomeriggio, invece, si concede talvolta una passeggiata lungo il sentiero della Migliara, da cui si possono ammirare le scogliere calcaree dei Faraglioni sul versante occidentale dell’isola. Un bel drink in Piazzetta e una cena Da Gemma – suo ristorante d’elezione – concludono la giornata. Eppure, l’isola di Capri non è mai stata una fonte ispiratrice per i suoi romanzi. A Capri Graham Greene veniva per sé stesso. Cercava la libertà, libertà dalla seccatura della vita mondana e dalle interruzioni; sfuggiva così all’accidia e alla routine del quotidiano in quel di Antibes, un dolore necessario per restare a fianco della sua Yvonne Cloetta, l’amore della sua vita. E questo, forse, è Il nocciolo della questione.

Quindi, immaginiamo ancora una volta il signor Greene seduto sulla veranda di villa Il Rosaio ad Anacapri, lo sguardo verso l’orizzonte. Cosa vedono i suoi occhi da vecchio inglese? È bello pensare che vedessero l’isola e la sua vita e che Graham Greene potesse trovare la tranquillità che tanto cercava, ascoltando il suono del mare che cinge la costa del colore del cielo. Proprio come l’iride dei suoi occhi da vecchio inglese cingevano le sue pupille, che nel ricordo dell’amico Mario Soldati balenavano, irrequieti, di «un fuoco azzurro.»

Francesco di Nuzzo

Credit: Costantino Esposito