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La tradizione delle cicerchie di Mesola

Dalla semina alla tavola: un piatto tipico da gustare con le vongole che rappresenta una preziosa testimonianza delle tradizioni di un tempo

La tradizione centenaria delle cicerchie continua a vivere nelle terre anacapresi situate nel quartiere di Mesola, dove i contadini conservano e mantengono in vita un’usanza popolare che si tramanda di generazione in generazione. La cicerchia di Anacapri, infatti, è un legume che si coltiva da secoli in quella fascia costiera poco distante dal Faro di Punta Carena.

La cicerchia di Mesola

Si tratta di un legume speciale, ad alto contenuto proteico, coltivato soltanto in poche altre zone d’Italia oltre alla Campania, in particolare nelle terre del Molise, della Puglia, del Lazio e delle Marche. La cicerchia, dalla forma leggermente schiacciata di colore giallo-grigiastro, solitamente presenta delle sottili venature più scure intorno agli angoli. «Le dimensioni della cicerchia isolana sono decisamente più piccole rispetto a quelle dello stesso legume coltivato in altri luoghi, in quanto presenta una forma molto più spigolosa e somigliante ad una pietra di brecciolino» – sottolinea Maurizio Rubino, anacaprese, appassionato della coltivazione di questo legume – «questo peculiare aspetto che lo caratterizza è spiegato dal poco nutrimento che la cicerchia riesce a ricevere dai terrazzamenti capresi, che ne hanno così ridotto le dimensioni, in particolare durante le annate caratterizzate con un clima più secco.»

La tradizione e le usanze

La coltivazione delle cicerchie da parte della comunità anacaprese si è diffusa secoli fa, soprattutto nei terreni posti lungo il versante sud-occidentale dell’isola azzurra. Una tradizione e un’usanza che non passano mai di moda. «Inizialmente la mia decisione di coltivare le cicerchie era stata dettata dall’esigenza di mantenere in ordine i miei appezzamenti di terreno. Per questo motivo, un contadino mi consigliò di provare a sviluppare la coltivazione di questo legume, che ben si adatta a crescere in ambienti aridi», ricorda Maurizio Rubino – «È stata la carenza di acqua nel nostro territorio a far si che i capresi coltivassero le cicerchie, divenute, poi, uno dei principali fonti di sostentamento. Per questo, in passato il periodo di raccolta rappresentava un’occasione di gioia e di prosperità per la comunità anacaprese» – aggiunge Rubino – «ancora oggi, quando qualcuno del luogo mi chiede di poter assaggiare le cicerchie delle mie terre, affiorano in lui ricordi piacevoli e familiari».

Dalla semina alla raccolta

L’intero processo di coltivazione della cicerchia si svolge in maniera prettamente manuale, senza l’ausilio di strumenti meccanici. «La semina avviene di solito intorno al mese di febbraio» – sottolinea ancora l’esperto anacaprese- «e richiede un lavoro costante fino al giorno della raccolta che viene fatta intorno alla prima decade di luglio, quando i legumi vengono presi poco alla volta con le mani, rigorosamente durante le prime ore del mattino.» La pianta della cicerchia produce dei frutti chiamati baccelli, al cui interno sono contenuti alcuni semi. Dopo la raccolta vengono lasciate al sole per l’intera giornata e, prima del tramonto, si procede con la spulatura: il legume che viene battuto con uno strumento composto da due bastoni di legno legati tra loro da un cordoncino, il vivillo. «In questo modo» – spiega Rubino – «i baccelli ormai seccati dal sole si aprono e liberano le cicerchie, che dovranno poi essere ripulite attraverso l’uso di altri attrezzi rudimentali.»

I piatti tipici

Anche la fase di conservazione delle cicerchie racchiude l’essenza delle usanze tipiche popolane. «Un tempo queste venivano conservate in vasi di vetro sigillati per evitare che i pappici potessero raggiungere il legume. Oggi, invece, l’imbustamento con la tecnica del sottovuoto è l’unico strumento moderno che permette la sua perfetta conservazione,» sottolinea il contadino anacaprese. Lo stesso vale per la preparazione dei piatti a base di cicerchie. «Prima di essere consumate devono essere lasciate in acqua per almeno dodici ore, soltanto ultimato il periodo di ammollo potranno essere cotte. Per poter apprezzare al meglio questo legume, consiglierei una vellutata di cicerchie con un sautè di vongole.» Assaporare un piatto realizzato con la cicerchia di Anacapri permette così di gustare un legume che oggi non rappresenta più soltanto una risorsa alimentare ma anche una preziosa testimonianza delle tradizioni e delle usanze di un tempo dell’isola azzurra.

Viviana Vitale

Credit:
Foto di Ivan Rubino