Ad Anacapri un nuovo modello di economia responsabile dove imprenditoria e salvaguardia del paesaggio convivono
«È lì negli assolati uliveti dove soltanto cielo azzurro con cicale e terra dura esistono, lì il prodigio, la capsula perfetta d ell’uliva che riempie il fogliame con le sue costellazioni… più tardi i recipienti, il miracolo, l’olio.»
Inizia con una citazione di Neruda il docu-video realizzato da Fiamma Marchione per celebrare i primi 7 anni di attività de L’Oro di Capri, l’associazione che raggruppa oltre 50 olivicoltori anacapresi.
Sette anni di successi e di ambiziosi traguardi raccontati in un documentario che celebra un ritorno alle origini in un territorio trasformato dove la semplicità diventa la parola d’ordine e dove l’antico sapere si unisce alle moderne professionalità per dare valore all’esperienza.
L’economia responsabile
«Una coltivazione sostenibile e biologica che trae le sue origini in una cultura millenaria» – racconta il presidente dell’associazione Pierluigi Della Femina – «ma che negli ultimi anni rischiava l’estinzione a causa della focalizzazione dell’economia isolana esclusivamente sul turismo.» Nel comune di sopra in particolare la coltivazione degli ulivi vive da oltre duemila anni, con una decina di frantoi sparsi sul territorio che producevano il nettare d’oro. Una tradizione che era andata perduta e che è stata riscoperta nel 2014, grazie ad un team di appassionati, che in pochi anni porta ad una rinascita: Anacapri cambia volto. Entra a far parte dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e si crea un nuovo modello di economia responsabile dove imprenditoria e salvaguardia del paesaggio convivono. «Percorrere il Sentiero dei Fortini è per me un’immersione nella pace della natura ma è soprattutto vivere un’emozione» – commenta al termine del video-documentario il presidente onorario de L’Oro di Capri, Gianfranco D’Amato – «nel mio camminare ho scoperto quanti uliveti, non più coltivati dagli Anni Cinquanta, erano invasi dalla macchia mediterranea. Così è nata l’idea di restituire equilibrio ed armonia alla vegetazione e dall’armonia far rinascere un’idea di comunità. Il progetto, oltre ad essere un rigeneratore del territorio lo è allo stesso modo per la comunità che ha riscoperto antiche pratiche e valori.»
Gli esperti
A dar man forte ai cinquanta associati de L’Oro di Capri che hanno saputo dare il proprio contributo decisivo alla rinascita e alla cura delle proprie radici, gli agronomi e esperti di paesaggio, Carlo Lelj Garolla e Angelo Lo Conte. «Ho capito subito che si trattava di un’occasione unica per restituire a questo territorio aspro, difficile ma molto fertile il suo antico volto» – commenta il coordinatore del progetto Carlo Lelj Garolla – «partecipare alla rinascita della produzione olearia di qualità con una prospettiva sostenibile, ecologica, coinvolgendo la comunità mi è sembrata una cosa davvero unica. Recuperare gli antichi oliveti abbandonati, integrandoli con nuove piante e ristabilendo un rapporto più organico e equilibrato con la macchia mediterranea.»


Il biologico
L’Oro di Capri porta avanti una coltivazione sostenibile, senza l’uso di antiparassitari e rispettando il ciclo naturale. No agli sprechi, sì al recupero e al riutilizzo dei materiali organici «con l’innesco di una economia circolare: costruzione di muretti a secco, raccolta dell’acqua piovana, uso dei residui delle potature, la pratica del sovescio, contribuendo così all’aumento della biodiversità e al recupero di antiche pratiche rigenerative della terra.» «Gli agricoltori anacapresi oggi hanno recuperato più di 50mila piante di ulivo, la maggior parte della varietà simbolo dell’isola che è la minucciola» – spiega Angelo Lo Conte – «per la coltivazione si applicano le tecniche tradizionali mentre per la trasformazione delle olive ci si avvale delle migliori tecnologie di frantoio.»
La potatura
La nuova annata olivicola è iniziata: la prima operazione colturale, prevista nel programma di produzione dell’associazione L’ Oro di Capri, è la potatura. È già in atto una fase delicata che prevede interventi mirati sulla chioma dell’olivo, che tra gennaio e la fine di febbraio, è in riposo vegetativo.
«La potatura effettuata ogni anno» – spiegano gli esperti anacapresi – «permette di aumentare la produzione della pianta, attenuare l’alternanza di produzione, adattare la struttura della pianta alla modalità di raccolta. Si opera nelle migliori condizioni di sicurezza, effettuando i tagli da terra con seghetti con asta e motosega con asta. I residui di potatura vengono immediatamente cippati sul posto e il materiale organico ottenuto viene distribuito negli oliveti interrandolo nel terreno per arricchirlo di sostanza organica e creare fertilità dei suoli senza effettuare alcun tipo di concimazione.»
Adele Fiorentino
Credit: L’Oro di Capri