vino capri

Quando il vino è un rito di famiglia

I vini Igp della Cantina Isola di Capri, che, da 111 anni, ha sede nell’ex monastero seicentesco delle Vergini Teresiane Calzate

È tempo di riposo per le viti e su un’isola come Capri i terreni adatti alla produzione del vino sono talvolta prossimi alle dimore di coloro che si dedicano a questa coltivazione. La pianta attorcigliata ai filari è una visione quotidiana, con gli acini che crescono protetti da uno sguardo benevolo, e la raccolta diventa spesso un rito familiare. Il terreno, il clima, la potatura: questi e altri elementi incidono sulla qualità finale del nettare di Bacco. Contribuirà anche l’atmosfera domestica a renderlo più buono? La scienza non può rispondere, ma è probabile che ci sia anche la passione, tramandata per generazioni, tra gli ingredienti segreti che nobilitano i prodotti della Cantina Isola di Capri, una delle più antiche aziende vinicole d’Italia. 

Il vino come missione

I loro vini Igp (Indicazione geografica Protetta) invecchiano e vengono imbottigliati ancora negli stessi ambienti scelti ad Anacapri nel 1909 dal cavalier Carlo Brunetti, che commercializzò il suo prodotto con il marchio Tiberio, in onore del vizioso imperatore romano che visse a lungo a Capri e che Svetonio soprannominò ironicamente Biberio «a causa del suo smodato amore per il vino.» Da ben centoundici anni, dicevamo, la cantina ha sede nell’ex monastero seicentesco delle Vergini Teresiane Calzate, a conferma che il rapporto con le tradizioni caratterizza da sempre la mission aziendale; una confidenza con la storia che accompagna ogni fase della lavorazione, oggi curata dai nipoti del cavalier Brunetti: Salvatore, Lino, Maria Laura e Carlo. 

Qualità e creatività

Le terrazze capresi coltivate a picco sul mare consentono di ottenere un vino pregiato riconosciuto Doc (Denominazione di Origine Controllata) già dal 1977. Grazie al terreno argilloso calcareo, Cantina Isola di Capri è in grado di produrre dalle 15 alle 20 mila bottiglie l’anno di diversi vini, tra cui il solido aglianico di colore rosso violaceo che profuma, spiegano i Brunetti, «di piccoli frutti a bacca nera arricchito di sentori di liquirizia, vaniglia e caffè.» L’enologo Roberto Mazzer coadiuva il lavoro dell’azienda seguendo meticolosamente ogni vendemmia, e l’artista anacaprese Genny Tavassi chiude idealmente il cerchio della qualità con un tocco di creatività sulle etichette.   

Il vino tra le righe

Qui l’arte trae giovamento dall’effluvio di sensazioni che il vino scatena. La bevanda ambrata scorre infatti agevolmente anche tra le righe degli scritti più intensi di Curzio Malaparte, che accompagnava spesso i pasti nella sua avveniristica villa con un aglianico locale, e di Ernest Hemingway che nei suoi numerosi viaggi tra Francia, Spagna e Italia li ha assaggiati davvero tutti (i vini) e uno dei suoi preferiti era il Capri bianco. Pablo Neruda soggiornò alcuni mesi a Capri nei primi anni Cinquanta. La sua permanenza sull’isola ha ispirato il romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skarmeta, da cui è tratto il film del 1994 Il Postino interpretato da Massimo Troisi e Philippe Noiret. Il poeta cileno tradusse in versi le sue enologiche emozioni vissute a Capri, «regina delle rocce», evocando per i posteri «la vigna di grappoli abbaglianti/conquistati nel mondo il trepido tesoro d’aroma.»

Marco Molino

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