L’isola di Capri raccontata in uno dei momenti più intensi, quando i venti di Libeccio e Scirocco soffiano nei mesi primaverili
È vero. L’isola di Capri è un vero gioiello durante l’estate. Le giornate passano in fretta lungo le strade di paese, che proprio quando si alzano le temperature si riempiono di vita lasciando un segno indelebile nei propri ricordi. Il sole risplende incontrastato, senza che ci siano i filtri velati delle nuvole a sfiorare i suoi raggi di luce. Chi arriva da giugno a settembre si aspetta solo questo. Una giornata memorabile, tra un’immersione nel mare caprese e un’escursione verso una delle attrazioni principali dell’isola. E una condizione di calma che regna sovrana per i vari distretti, una sensazione che si percepisce anche andando in mare aperto, dove le onde oscillano in una danza che non rompe mai il suo ritmo. Ma chi vuole aggiungere un po’ di brio alla propria vacanza, il consiglio è di spostare le lancette dell’orologio di qualche mese, fermandosi nella stagione dei fiori, la primavera.
Primavera, i venti di Libeccio e Scirocco
Anche qui il caldo comincia a sfiorare gli scogli dell’isola di Capri, ma c’è un altro particolare imprevedibile che può trasformare il viaggio in un’avventura. Quando i venti di Libeccio e di Scirocco cominciano a soffiare verso il Porto, chi si metterà poi in viaggio avrà la sensazione di essere al centro di uno dei romanzi sul mare, quasi ci si preparasse a inseguire e, chissà, a catturare una delle grandi creature leggendarie che hanno accompagnato generazioni di lettori. Di solito è nel momento più imprevedibile (o di pericolo, come nei libri) che si manifesta qualcosa di magico lungo il tragitto. Come le sirene dell’isola di Capri, decise proprio ora di mostrarsi con la loro inconfondibile voce suadente ammaliando il capitano e i turisti a bordo. Si sa che queste sono solo leggende, ma c’è sempre un fondo di verità attorno alle grandi storie, qualunque esse siano.
Come in un libro di Melville
Basta andare indietro tra le pagine del New York Times per comprendere quanto l’isola di Capri appartenga a un immaginario a dir poco leggendario. Di certo la data di pubblicazione aiuta a sentirsi dentro un romanzo di Melville. L’articolo, pubblicato nel 1881, uscì trent’anni dopo la più grande avventura mai scritta nella storia della letteratura, Moby Dick. L’autore del pezzo probabilmente non si aspettava di trovarsi proprio al centro di una breve, ma intensa, avventura. Solo gli isolani conoscono Capri come le proprie tasche, ma da qualche giorno il soffio del Libeccio si faceva davvero sentire. Addirittura lo vide «scavare la superficie delle onde» che si arrampicavano fino ad «offuscare gli ulivi sopra il promontorio.» Per non parlare delle nuvole, che non tardarono a mostrarsi oscurando il cielo con il loro vapore acqueo, ma la nota positiva era che dei fulmini, non v’era alcuna traccia. Era sufficiente il buio di quella giornata di maggio a rendere del tutto imprevedibile il tempo, a cui non servivano le scosse elettriche per regalare spettacolo.
La partenza
Il vento, per sua stessa natura, si comporta da grande egoista. Ma in quelle ore non ne voleva sapere di co-protagonisti. Era lui a decidere quando era il momento di smettere. All’inizio le voci di un capitano da Capri facevano ben sperare. Si diceva che il Libeccio si sarebbe calmato, lasciando spazio a un «moderato Scirocco.» Ma nel momento in cui raggiunse la banchina, l’autore si trovò davanti a sé il caro Libeccio ancora in azione, rendendo il mare ancora più movimentato spinto dalla raffica di vento che rendeva complicata la navigazione. Non per quel capitano, che insieme ai suoi cinque rematori decise di alzare le vele, sfidandolo con le sue stesse armi.

Il viaggio in barca
La descrizione di quel breve viaggio dall’isola di Capri vale quanto le pagine di un vero romanzo. Il flusso del vento manovrava il mare che si scontrava ripetutamente sulla barca, «inzuppandola di acqua salata.» Il pericolo non era solo davanti a loro, perché dovevano tenere costo di ciò che stava accadendo sopra le loro teste. Lì si stavano formando delle nuvole «color piombo» minacciose, anche se questo scontro tra venti riusciva in qualche modo a spostarle concedendo al sole un po’ di respiro. Le rare volte in cui compariva, la luce lasciava intravedere le sfumature di azzurro contenute nel mare, dal «blu sgargiante», il «viola brillante» a quello più scuro quando la luce veniva costretta a indietreggiare per via della tempesta.
I colori del mare dell’isola di Capri
Come si fa però a trasferire questa infinità di colori in una frase o in un’immagine? Per il testo si tratta di una causa persa, ma nemmeno l’arte, secondo l’autore, può davvero rendersi conto di quanto sia fluttuante e imprevedibile il mare, utilizzando un’espressione più che evocativa che sottolinea quanto sia sfuggevole la descrizione di un attimo: «Ognuna è stata fotografata per un breve secondo dalla mente, e inghiottita dalla deriva delle onde.» Di ogni immagine rimane solo che un piccolo residuo; e non resta che custodire quel ricordo una volta scesi da quella barca ancora umida dopo quel viaggio animato dal vento.Ma non tutto è perduto. L’isola di Capri, con i suoi scogli, i suoi ulivi e i suoi colori accesi, è lì ad aspettarti.
Riccardo Lo Re